Moena e Forno sotto la parrocchia di Predazzo

Moena. Procede a tappe forzate l’unificazione pastorale delle valli di Fiemme e Fassa. Dopo la soppressione dei rispettivi decanati è stata costituita un’unica Zona Pastorale da Penia a Capriana. La...


Gilberto Bonani


Moena. Procede a tappe forzate l’unificazione pastorale delle valli di Fiemme e Fassa. Dopo la soppressione dei rispettivi decanati è stata costituita un’unica Zona Pastorale da Penia a Capriana. La carenza di sacerdoti è il motivo che sta alla base del processo di unificazione. A settembre si è concluso il mandato di don Bruno Daprà a Tesero mentre il prossimo anno don Enrico Conci lascerà la guida della parrocchia di Moena e Forno. Poiché non ci sono forze nuove, Tesero è stata affidata alla cura del parroco di Cavalese che già segue le parrocchie di Daiano, Capriana, Carano, Casatta, Castello, Masi, Molina, Montalbiano, San Lugano e Varena.

Nel 2020 Moena e Forno saranno affidate alla cura del parroco di Predazzo che abbraccia anche Ziano e Panchià. Non si tratta di fusioni perché ogni parrocchia manterrà status e personalità giuridica. La Valle di Fassa per ora non subirà variazioni ma probabilmente in futuro sarà affidata alla cura di un unico parroco. In questo nuovo disegno Moena giocherà fino in fondo il ruolo di “cerniera” di paese ladino ma con forti legami alla Magnifica Comunità di Fiemme.

Di tutto questo si è discusso in una affollata assemblea pastorale di zona nella sala teatro dell’oratorio di Moena a cui hanno partecipato operatori delle valli di Fiemme e Fassa. Erano presenti l’arcivescovo don Lauro Tisi e il vicario generale don Marco Saiani. Dopo il saluto del delegato di zona don Albino Delleva, sono state presentate e discusse in assemblea le sfide più urgenti avvertite dalle comunità cristiane delle due valli.

Nel pomeriggio l’incontro è proseguito con gli operatori Caritas e gli animatori coordinati dall’Associazione Noi oratori. Ora il lavoro continuerà tramite gruppi di lavoro che dovranno delineare il ruolo forte dei laici. Le comunità dovranno mettersi in gioco diventando protagoniste di un nuovo modo di vivere la fede. «Non dobbiamo diventare erogatori di servizi – ha raccomnadato l’arcivescovo Tisi – ma fermento per una nuova fraternità».















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