IL CASO

Episodio di razzismo sul bus: «Allontanato perché di colore»

Ragazza trentina denuncia su Facebook l’episodio di razzismo avvenuto sul Flixbus per Roma. Il post diventa virale


Ubaldo Cordellini


TRENTO. Sono le 22 di martedì 16 ottobre quando il Flixbus proveniente da Bolzano e diretto a Trento arriva alla fermata di Trento. Le persone in attesa salgono e prendono posto. Tra di loro c’è anche Mamadou, un ragazzo senegalese di 25 anni, che cerca di sedersi. Ma la signora accanto, una quarantenne italiana che era già sul bus, non ne vuol sapere. Inizia a sbraitare che deve andare dietro, in fondo al pullman, che se ne andasse lontano perché è di colore e di un’altra religione.

A raccontare questa scena allucinante è Elena Iiriti, una ragazza trentina che ha appena 19 anni, ma anche tanto coraggio civile e denuncia tutto con un post su Facebook. Un post che, come si dice in questi casi con un’espressione abusata, diventa virale e viene condiviso centinaia di volte a dimostrazione che ancora certi comportamenti fanno schifo a molte persone.

Ma non tutti la pensano come la ragazza, infatti, il suo post ha sì 855 condivisioni e molti commenti positivi, ma anche molti negativi con persone che mettono in dubbio il suo racconto, in omaggio all’ormai dilagante dietrologia e negando che ci sia razzismo.

Ma c’è anche chi segnala la cosa a Flixbus che ha subito risposto spiegando di aver avviato verifiche perché gli episodi di razzismo sui loro bus non sono tollerati.

Le parole di Elena, in ogni caso, sono preoccupanti: «Mamadou dopo aver mostrato il biglietto all’autista si dirige al suo posto, fa per sedersi quando... “qui no. Vai via, vai in fondo”. Ad esclamarlo è quella che dovrebbe essere la sua vicina di posto: una signora italiana verso la quarantina con capelli rossicci. Questa donna si rifiuta di farlo sedere motivando più volte perché di colore e perché “di un’altra religione”. Io rimango incredula seduta incapace (e me ne scuso) di intervenire, la signora sbraita, il ragazzo piange. Ma come si dice “al peggio non c’è mai fine” perché il peggio arriva: viene chiamata addirittura la polizia! Il ragazzo continua a piangere, è stanco. La polizia arriva e fortunatamente tutto si risolve spostando di posto il ragazzo, facendolo sedere vicino a me, mentre la mia amica si siede vicino alla signora. Mamadou vive da 15 anni a Bolzano. Lavora da qualche anno con orari e ritmi molto pesanti: monta i forni per un’azienda locale. Mi ha detto con gli occhi lucidi che è stufo, che è stanco di questa cattiveria. “Credimi, non faccio nulla di male. Voglio solo sedermi e riposare perché sono stanco”. Quando a scuola leggevo di Rosa Parks e degli autobus con posti riservati vedevo quella società lontana anni luce dalla nostra e mi dicevo “per fortuna ora non è così”. Quanto accaduto su questo Flixbus mi rattristisce, mi fa tornare indietro a quei tempi e mi fa capire che forse non siamo mai cambiati, che non c’è fine alla cattiveria umana. Al giorno d’oggi è la cosa più facile da fare puntare il dito contro uno “diverso”, c’è chi fa propaganda solo sul razzismo. Siamo davvero finiti in un modo così? Stiamo tornando indietro, forse è questo il cambiamento di cui tanto si parla in giro». 













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