l’anniversario

Criminalità, Cafiero De Raho: «Mafia, il Trentino non è più un'oasi»

L'intervento dell’ex procuratore nazionel antimafia al convegno su Giovanni Falcone: "State attenti". Sabato e domenica l’evento al Sociale 



TRENTO. "Se parliamo di mafia, il Trentino è sempre stato considerato un'oasi: vi siete resi conto voi stessi che non è più così". Lo ha detto l'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho intervenendo all'incontro "Giovanni Falcone. Intorno a quel cratere", organizzato dalla Fondazione Haydn a margine dell'opera "Falcone, il tempo sospeso del volo", in programma al Teatro Sociale sabato 12 e domenica 13 marzo.

Chiaro il riferimento alla recente inchiesta "Perfido" sulle infiltrazioni mafiose nel settore del porfido in val di Cembra, una vicenda che pochi giorni fa ha portato alla prima condanna per mafia in Trentino.

"Bisogno stare attenti - ha aggiunto il magistrato parlando del Trentino - soprattutto nei momenti di difficoltà, quando c'è esigenza di denaro. È lì che le mafie intervengono: mangiano dove si muore, dove si soffre".

Federico Cafiero De Raho ha ricordato l'importanza di Giovanni Falcone (ucciso 30 anni fa) nel descrivere il fenomeno mafioso. Un approccio che per la prima volta ha preso in considerazione l'aspetto economico, il movimento di denaro, anche a livello transnazionale.

Falcone - ha detto l'ex procuratore antimafia - era stato scelto da Rocco Chinnici proprio per la sua preparazione nel diritto societario, fallimentare e bancario. Fondamentale, ha poi aggiunto Federico Cafiero De Raho, la creazione delle Dda territoriali: è stato così introdotto il concetto di condivisione delle informazioni, fondamentale per combattere il fenomeno mafioso, come aveva ben intuito Falcone. 

"A 30 anni dalla morte di Giovanni Falcone la magistratura ha toccato il fondo". Lo ha detto il presidente dell'Anm del Trentino Alto Adige, Giuseppe Spadaro, intervenendo all'incontro "Giovanni Falcone. Intorno a quel cratere".

"In questo momento la magistratura è come un naufrago che deve vedere il porto della legalità a cui approdare - ha proseguito Spadaro - dobbiamo recuperare il coinvolgimento emotivo, ricordarci di essere servitori dello Stato e mettere da parte il carrierismo esasperato e il potere. Ricordiamoci di quando abbiamo indossato per la prima volta la toga che ci è stata regalata dai nostri genitori", ha concluso l'esponente dell'Anm.













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