Coronavirus, boom di casi in Alto Adige tra i raccoglitori di mele
La Provincia impone il test all'arrivo e una quarantena attiva nei campi
BOLZANO. Tra i raccoglitori di mele in Alto Adige si registra un boom di contagi Covid. I laboratori dell'Azienda sanitaria provinciale giovedì hanno effettuato 1.916 tamponi, riscontrando 72 nuovi casi positivi, contro gli 11 del giorno precedente. Si tratta soprattutto di stagionali della Romania. L'incremento però non preoccupa più di tanto. «I lavoratori vengono testati al loro arrivo in Italia e poi restano in quarantena aziendale, lavorando nei campi», spiega l'assessore alla sanità, Thomas Widmann.
Ogni autunno circa 17 mila stagionali dall'est arrivano in Alto Adige per la vendemmia e la raccolta delle mele. Si tratta di un esercito 'invisibilè che resta per poche settimane e poi torna a casa. È una manodopera specializzata, sia per quanto riguarda il lavoro nei vigneti che nei meleti.
Questa primavera il raccolto sembrava a rischio proprio per il blocco dei confini e aveva suscitato clamore un noto viticoltore altoatesino che aveva affittato un jet privato per portare in Italia le sue collaboratrici più esperte per il difficile lavoro di sfogliatura. Nel frattempo i confini sono stati riaperti, ma il rischio Covid è rimasto elevato.
Per questo motivo la Provincia di Bolzano in vista della stagione del raccolto nei mesi scorsi ha introdotto l'obbligo di tampone per tutti gli stagionali che arrivano dall'estero e la loro permanenza in una quarantena attiva, una sorta di 'bollà. «Lavorano e abitano in piccoli gruppi e di sera non vanno in paese», spiega l'assessore Widmann. In questo modo il rischio contagio dovrebbe restare circoscritto.
Ora, in due aziende sono stati registrati sei casi e complessivamente sono 52 i lavoratori rumeni positivi. «La percentuale è comunque minima rispetto ai numeri nel loro paese di origine», aggiunge Widmann. Secondo l'assessore, il modello altoatesino dei test a tappeto sia nel settore agricolo che turistico funziona.