la crisi

Commercio in ginocchio: «La peggior situazione degli ultimi 10 anni»

A lanciare l’allarme sono Ivan Baratella (Commercianti del Trentino) e Fabio Moranduzzo (Anva) della Confesercenti del Trentino: «Sono necessari interventi urgenti»



TRENTO. L'inflazione continua a mettere pressione sui bilanci delle famiglie, che si trovano a spendere di più per ottenere meno, causando effetti negativi sulle vendite, come evidenziato dai dati dell'Istat. Questa situazione, in particolare, sta colpendo duramente le imprese del settore dettaglio, che sono le più colpite.

«Sin dall'inizio dell'anno, prevediamo una diminuzione delle vendite in volume di almeno il 6,5%. Se questa tendenza dovesse persistere per tutto il 2023 - commenta Ivan Baratella, presidente dell'Associazione dei Commercianti del Trentino aderente a Confesercenti - ciò comporterebbe una perdita di vendite pari a 4 miliardi di euro entro dodici mesi. Questo scenario preoccupante, con il rallentamento dei consumi, ostacola le prospettive di ripresa dell'economia. I dati sul calo dell'occupazione indipendente e i bilanci negativi tra aperture e chiusure di imprese nel primo semestre del 2023 lo dimostrano chiaramente».

Fabio Moranduzzo, presidente dell'Associazione Nazionale Venditori Ambulanti (Anva) e vice presidente di Confesercenti del Trentino, condivide le stesse preoccupazioni riguardo all'apertura di nuovi negozi e attività commerciali: «Aprire un'attività commerciale è diventato sempre più arduo. L'incremento del costo della vita, il rallentamento dei consumi e la concorrenza della grande distribuzione e del commercio online non stanno solo causando la chiusura di imprese nel settore, ma anche una drastica diminuzione delle nuove aperture. A livello nazionale, si prevede che nel 2023 verranno aperte appena poco più di 20.000 attività, l’8% in meno rispetto al 2022 e il numero più basso degli ultimi dieci anni. Nel 2013, erano state aperte oltre 44.000 nuove attività, più del doppio rispetto all'attuale stima dell'Osservatorio Confesercenti basata su dati camerali. Questa grave crisi nel settore commerciale ha causato la chiusura di circa 108.000 negozi negli ultimi dieci anni. Purtroppo, sembra che questa tendenza sia destinata a continuare. Secondo le nostre stime, il numero annuale di nuove imprese nel settore commerciale dovrebbe scendere a poco più di 20.000 già quest'anno, per poi precipitare a soli 11.000 nel 2030».

I settori più colpiti

Il calo delle nuove aperture coinvolge quasi tutte le tipologie di commercio in sede fissa, con cali particolarmente rilevanti per i negozi di articoli da regalo e per fumatori (-91%, -1.293 nuove aperture rispetto al 2013), per i gestori di carburanti (-80%, 441 aperture in meno), per edicole e punti vendita di giornali, riviste e periodici (-79%, pari a -625 aperture), ma anche per i negozi di tessile, abbigliamento e calzature, che nel 2023 dovrebbero registrare solo 2.167 nuove attività, -3.349 rispetto a dieci anni fa. Con la progressiva riduzione della rete di negozi, anche gli intermediari del commercio perdono terreno: per il 2023 si prevedono solo 9.306 nuove iscrizioni, quasi la metà delle 18.149 del 2013. Tra le attività del commercio, le nuove aperture aumentano solo nel commercio via internet, che registra un aumento delle iscrizioni rispetto a dieci anni fa (6.427 quest'anno, il 188% in più). Ma questo numero è comunque insufficiente a compensare il calo di nascite complessivo nel settore (-23.320 rispetto al 2013).

Il caso del commercio ambulante

Le aperture sono in caduta libera anche nel settore del commercio su aree pubbliche. Quest'anno, si prevede che il settore registri solo 3.626 nuove imprese, con un calo di -9.377 attività rispetto al 2013. Il commercio ambulante è una situazione particolarmente critica. La questione Bolkestein ha innescato dieci anni di incertezza che hanno compromesso il settore, causando la chiusura di migliaia di imprese e il depotenziamento dell'offerta. Il calo delle aperture di quest'anno rappresenta il culmine di una tendenza in declino: nel 2022, sono state aperte solo 4.008 nuove imprese, nel 2021 ne sono state aperte 6.009. Questi numeri sono lontani dai livelli del 2013 (13.003) e dei primi anni del decennio passato. Se il trend degli ultimi due anni dovesse continuare, nel 2025 non ci sarebbero più nuove aperture. Si pone la domanda se il commercio abbia un futuro, se vi sia ancora spazio per la crescita.

La denatalità in tutte le regioni

Nessuna regione sfugge alla riduzione delle nuove imprese nel settore commerciale, con una diminuzione delle aperture nel 2023 rispetto all'anno precedente ovunque. Nella regione Trentino-Alto Adige, ad esempio, si osserva una diminuzione del 7% confrontando i dati del 2023 con quelli del 2022. Tuttavia, se confrontiamo i dati del 2023 con quelli di dieci anni fa, nel 2013, notiamo una diminuzione del 38% nell'intero comparto. 

Questa tendenza negativa si manifesta soprattutto nel Lazio (-11%) e in Sardegna, Campania e Sicilia (tutte con una diminuzione del 10% rispetto al 2022). Nel confronto decennale, invece, il Piemonte segna la peggiore denatalità, con un calo del 70% rispetto al 2013, pari a 3.201 aperture in meno. Seguono, in questa classifica negativa, la Sardegna (-67%, pari a -852 aperture), il Lazio (-62%, -2.784 nuove imprese), la Sicilia (-61%, -2.360 iscrizioni). Se invece guardiamo al numero assoluto delle nuove aperture, sempre rispetto al 2013, la Campania registra il calo più consistente (-4.421 nuove imprese rispetto al 2013), seguita da Piemonte (-3.201), Lazio (-2.784), Sicilia (-2.360), Lombardia e Veneto (rispettivamente -2.325 e -2.088).

Proposte per il futuro

Baratella e Moranduzzo concordano sul fatto che il governo, sia al livello nazionale che provinciale, debba affrontare il calo demografico con misure a favore delle famiglie ma sottolineano che la denatalità interessa anche il mondo delle attività economiche. In generale, in Italia e nel Trentino, si fa sempre meno impresa, e il settore del commercio al dettaglio è quello che soffre di più. Se questa tendenza persiste, nel 2030 potrebbero esserci solo 11.000 nuove imprese, un quarto di quelle aperte dieci anni fa. Questa situazione è preoccupante in quanto il calo delle nuove aperture di imprese sta accelerando il processo di desertificazione commerciale nelle città, privando i cittadini di servizi e i territori di ricchezza e lavoro, oltre a privare l'economia di quei negozi e attività che hanno reso famoso il Made in Italy e valorizzato le produzioni italiane. Occorre adottare misure per rigenerare il tessuto commerciale, altrimenti si assisterà a un impoverimento drammatico dell'economia e della qualità della vita nelle città. «Aprire una nuova attività di commercio di vicinato o ambulante in un mercato sempre più dominato da grandi gruppi e giganti dell'e-commerce, è sempre più difficile. È cruciale che tutti gli attori, a partire dall’organo legislatore, agiscano tempestivamente - sottolineano Baratella e Moranduzzo. - I nuovi imprenditori spesso rinunciano, come dimostrato dal calo delle nuove aperture, che è persino inferiore all'anno della pandemia. È necessario un pacchetto di misure specifiche per sostenere le piccole attività commerciali. Da tempo proponiamo agevolazioni fiscali per i giovani che avviano nuove attività commerciali e un regime fiscale agevolato per le imprese con un fatturato annuo inferiore a 400.000 euro, magari associato a obblighi di formazione. Inoltre, è fondamentale agire in modo più incisivo nella rigenerazione urbana, sia nei centri urbani che nelle periferie, per contrastare la desertificazione e il degrado».













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