Trentino

Caporalato, 7 indagati: sequestrate case e denaro, la società aveva sede in Vallagarina

Sistematiche le violazioni nei confronti dei diritti dei lavoratori, spinti a restituire una parte del denaro: 6 indagati vengono dal Pakistan, il settimo è italiano



TRENTO. I finanzieri del Comando provinciale di Trento hanno eseguito un decreto preventivo del gip di Rovereto che ha disposto il sequestro di beni e disponibilità finanziarie per oltre 521.000 euro nei confronti di 7 persone - sei pakistani ed un'italiana - per intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera (caporalato) e violazione delle norme sull'immigrazione.

Secondo quanto scoperto dalle fiamme gialle, gli indagati avrebbero commesso gravi irregolarità dal 2021 al 2023 attraverso una società con sede in Vallagarina operante nel settore della produzione di carta e cartone e gestita da soggetti di nazionalità pakistana.

Secondo la ricostruzione gli indagati, abusando dello stato di bisogno di diversi dipendenti connazionali, in attesa di un permesso di soggiorno e con la famiglia in Pakistan da mantenere, li hanno sottoposti a sfruttamento. I dipendenti erano costretti ad accettare turni dalle 9 alle 13 ore giornaliere.

Il rinvenimento di un libro mastro e di altra copiosa documentazione ha permesso ai finanzieri di ricostruire numerose irregolarità. I finanzieri hanno sequestrato 8 unità immobiliari ed un terreno, tutti a Rovereto, 3 veicoli, quote societarie e denaro sui conti correnti della società e degli indagati.

A fronte di una busta paga formalmente corretta con una retribuzione da 1.000 a 1.800 euro, i dipendenti, dopo aver ricevuto l'accredito, erano costretti a restituirne in contanti la gran parte. In diversi casi veniva anche chiesto ai lavoratori di trasferire denaro in Pakistan a soggetti indicati dai datori di lavoro. Nell'arco di un solo anno, ha appurato la finanza, sono stati trasferiti illegalmente oltre 102.000 euro.

Le persone sfruttate lavoravano per 500-700 euro mensili, 4-5 euro l'ora. I lavoratori dovevano anche corrispondere 200 euro al mese per il posto letto (in un alloggio con altri 10/15 connazionali) ed erano obbligati a fare la spesa, circa 150 euro al mese, in un negozio riconducibile ad alcuni indagati, che in 3 anni hanno incassato quasi 22.000 buoni pasto elettronici, oltre 152.000 euro. Gli investigatori hanno riscontrato anche numerose violazioni alle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro













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