Bufera su Ischgl, la Ibiza dello sci diventata uno dei maggiori focolai austriaci
Esposto alla procura di Innsbruck. L'accusa è di aver chiuso gli occhi davanti alla realtà dei fatti. Il Tirolo, con oltre 1.000 casi, è la zona più colpita dal coronavirus
BOLZANO. Ischgl, da Ibiza delle Alpi a focolaio di coronavirus che si è sparso in tutta Europa: è questa la parabola del centro sciistico austriaco. L'accusa è di aver chiuso gli occhi davanti alla realtà, quando sono apparsi i primi casi di Covid-19, nella speranza di poter continuare con la movida e chiudere ancora 'in bellezza' la stagione invernale.
Il land Tirolo ha presentato ora un esposto alla procura di Innsbruck per presunti ritardi nella gestione dell'emergenza coronavirus.
Già a fine febbraio - scrive la stampa austriaca - il Comune sarebbe stato a conoscenza di un caso di positività. Il datore di lavoro non avrebbe però informato l'autorità sanitaria e avrebbe semplicemente mandato a casa la dipendente. Altri campanelli d'allarme non sarebbero stati presi in considerazione.
Si è così sviluppato uno dei più grandi focolai in Austria. Infine, il 13 marzo l'intera valle di Paznaun è stata isolata e dichiarata zona rossa. L'ordinanza non è però entrata in vigore immediatamente, causando la fuga incontrollata degli ospiti e del personale degli alberghi.
Secondo ricostruzioni di giornalisti tedeschi e austriaci, centinaia di turisti infetti avrebbero così portato il virus in vaste zone d'Europa, pernottando - per esempio - ad Innsbruck in attesa del volo di rientro. Il Tirolo, con oltre 1.000 casi, è attualmente la zona più colpita dal coronavirus e oggi si sono registrate le prime due vittime. Il land, a sua volta al centro di polemiche per non aver azionato in tempo il freno d'emergenza, respinge l'accusa e ha ora presentato l'esposto.
La valle di Paznaun, dove neanche troppo tempo fa regnava la povertà assoluta, è diventato un centro sciistico mondano, molto ambito soprattutto tra i giovani per l'apres ski, il divertimento a base di alcol e musica dopo una giornata sulla neve. Sarebbe stato proprio uno di questi locali ad aver contribuito alla diffusione del virus. La potente lobby degli impianti di risalita - questa l'accusa più frequente - si sarebbe opposta con forza a una chiusura anticipata della stagione sciistica che poi è comunque arrivata, ma in ritardo. Nel 1999 la valle fu travolta da una serie di valanghe, che uccisero complessivamente 38 persone. Due decenni dopo la Paznauntal è stata investita da un'altra valanga, ancora più distruttiva, quella del coronavirus, che lascerà il segno forse più di quella di neve.