Autismo, team trentino dà una spiegazione alla paura per suoni o abbracci
Il Cimec (Centro mente cervello) dell'Università di Trento fa un'ipotesi anatomico-funzionale
TRENTO. Circa il 90% delle persone con disturbi dello spettro autistico manifesta un'alterata sensibilità agli stimoli sensoriali (visivi, uditivi, tattili). Un'immagine particolarmente luminosa, un tono alto della voce o un contatto fisico, come un abbraccio, possono scatenare una reazione amplificata e improntata alla paura.
La letteratura scientifica lo riferisce e ora c'è primo riscontro sperimentale. È uno studio pubblicato dal Journal of Neuroscience, condotto dal Cimec (Centro mente cervello) dell'Università di Trento.
In laboratorio è stato dimostrato che l'alterata sensibilità agli stimoli tattili dipende da una ridotta connettività della corteccia somatosensoriale, l'area del cervello che riceve ed elabora questi stimoli, e da una forte attivazione dell'amigdala, regione cerebrale tipicamente coinvolta nelle risposte di paura. In sostanza specifiche caratteristiche anatomiche e funzionali.
Ulteriori studi potrebbero estendere queste osservazioni a pazienti affetti da autismo.
Il lavoro di ricerca si è sviluppato nell’ambito di Train (Trentino Autism Initiative), progetto strategico finanziato dall’Università di Trento per il periodo 2018/2020 e può essere considerato una prima tappa raggiunta nel viaggio di questo particolare “treno” nell’esplorazione e nell’approfondimento dell’autismo. Uno degli obiettivi del progetto, infatti, è studiare i meccanismi biologici alla base delle differenti manifestazioni comportamentali tipiche dei disturbi dello spettro autistico.
Train, che è coordinato da Yuri Bozzi, è un consorzio che coinvolge 13 gruppi di ricerca afferenti a varie istituzioni: Università di Trento, Istituto Italiano di Tecnologia, Fondazione Bruno Kessler e Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Allo studio hanno partecipato 4 gruppi di ricerca che fanno parte di TRAIN, guidati rispettivamente da Yuri Bozzi (Centro interdipartimentale Mente/Cervello, Università di Trento), Giovanni Provenzano (Dipartimento CIBIO, Università di Trento), Simona Casarosa (Dipartimento CIBIO, Università di Trento) e Alessandro Gozzi (Istituto Italiano di Tecnologia, Rovereto). Lo studio è stato condotto in collaborazione con il gruppo di Valerio Zerbi del Politecnico Federale di Zurigo.
(nella foto: Giovanni Provenzano, Alessandro Gozzi, Simona Casarosa e Yuri Bozzi - autore Alessio Coser per Università di Trento)