Variante centri storici, via libera in consiglio 

Opposizioni critiche. Rullo: «Troppo margine per abbattimenti e ricostruzioni» Prima del via della seduta un minuto di silenzio per Antonio Megalizzi


di Gianluca Ricci


ARCO. Un minuto di silenzio per ricordare Antonio Megalizzi, il giornalista trentino ucciso a Strasburgo lo scorso 11 dicembre da un fanatico terrorista: così si è aperto il consiglio comunale l’altra sera su proposta di Andrea Ravagni. Poi spazio all’attesa approvazione della variante per i centri storici, che oggi è finalmente realtà. Via libera alla seconda e definitiva adozione, non senza però qualche scaramuccia polemica sui suoi contenuti. Per lo più esercizi dialettici, che non hanno potuto incidere su un piano partito nel 2014 e giunto ad approvazione dopo due prime adozioni e un mare di polemiche. Eppure questo secondo provvedimento portava in dote solo un aggiustamento normativo legato alle ultime disposizioni provinciali e l’aggiornamento delle schede dei singoli edifici.

Ai consiglieri di opposizione non è restato dunque che confermare la loro contrarietà: Giovanni Rullo ha sottolineato per l’ennesima volta come la demolizione rimanga un’opzione eccessivamente agevolata: «In alcune aree del nostro comune – ha detto il consigliere tra le altre cose – si concederà uno spazio eccessivo ad abbattimenti e ricostruzioni moderniste che finiranno per snaturare la fisionomia urbanistica originale». Una posizione ovviamente non condivisa dalla giunta: l’assessore Stefano Miori si è dovuto nuovamente spendere per ricordare che le procedure relative alle ristrutturazioni sono state modificate direttamente dalla Provincia e che quella dell’abbattimento e della successiva ricostruzione non è una prescrizione, ma solo un’opzione a disposizione dei progettisti. «Non possiamo non tenere in considerazione che i nostri centri – ha dichiarato – hanno subìto gli anni Sessanta e che alcune di quelle costruzioni non hanno più alcun tipo di pregio architettonico. Se vogliamo che la gente torni a rivitalizzare i centri storici, noi abbiamo l’obbligo di agevolarla quanto più possibile».

Secca la replica di Lorenza Colò (Cinque Stelle) e di Bruna Todeschi (Arco Futura), che hanno contestato anche in questa occasione la scarsa sensibilità urbanistica del provvedimento: «È incredibile come questa giunta – ha sostenuto la Colò – si vanti di aver ricevuto elogi da esimi architetti ed esperti del settore, quando invece la Provincia ha dovuto muovere pesanti rilievi, gli stessi avanzati dagli ambientalisti. Facciamo notare ancora una volta l’assenza di una disciplina specifica per gli edifici del Kurort, che andrebbero salvaguardati con maggior rigore». Al che è intervenuto Mario Piccolroaz, l’architetto che ha curato il piano: «A dire il vero l’adeguamento normativo a cui è stata sottoposta questa seconda variante ci ha permesso di inserire all’interno della questione ristrutturazioni i vincoli di facciata, a garanzia del mantenimento della linea di continuità architettonica. A chi ci ha accusato di voler fare di Arco una Gardaland, rispondiamo che vogliamo l’esatto contrario: un edificio realizzato ex novo nel 2018 non può sembrare molto più vecchio».

A mettere una pietra tombale sulle rivendicazioni delle opposizioni ci ha pensato il sindaco Alessandro Betta: «Gli interventi delle opposizioni – ha detto - sono ormai critici a prescindere: è inutile che si nascondano dietro i valori dell’ambientalismo, perché questa amministrazione, dal punto di vista dei nuovi volumi edificati, sta sotto zero. Piuttosto se arriviamo ad approvazione di questo importante documento urbanistico così in ritardo, lo dobbiamo al fatto che in più occasioni proprio loro hanno fatto mancare il numero legale, arrecando un grave danno ai cittadini di Arco». Parole che hanno spinto i consiglieri di minoranza ad uscire dall’aula al momento dell’approvazione finale, tranne Giovanni Rullo, alla fine unica voce contraria in questa estenuante vicenda.













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