Cure palliative, il tabù dei bambini 

La dottoressa Benini: «Solo il 5% dei bimbi inguaribili ha accesso ai farmaci»


di Katia Dell’Eva


ARCO. «Chiedeva a Babbo Natale una bara bianca, il bambino, mentre i suoi genitori giocavano al teatro: recitavano perché non sapesse nulla della sua malattia». È un esempio estremo, che colpisce, quello che Franca Benini, dirigente medico presso la Clinica pediatrica dell'ospedale di Padova e coordinatrice per la Regione Veneto di una equipe di specialisti per la terapia del dolore e le cure palliative, ha voluto raccontare agli operatori sanitari intervenuti venerdì pomeriggio a Palazzo Panni per la conferenza “Mi accompagni ad attraversare il ponte dell'arcobaleno? Noi, il bambino la malattia e la morte”.

La dottoressa, originaria di Tenno, ha con queste poche parole voluto ricordare a chi ogni giorno si trova a contatto con casi di inguaribilità infantile, quanto poco il bambino sia partecipe della propria vita e della propria malattia. «Si tace, si recita, privandolo così della possibilità di scegliere» - ha affermato. «Crediamo sia inconsapevole, ma siamo noi a vederlo sotto quella luce. Lui sa, percepisce il dolore, ed ha dei diritti, tutelati dalle diverse carte nazionali e internazionali, ma non da noi». Diritti che dovrebbero annoverare anche quello alle cure di fine vita: «Ma la verità è che solo il 5% dei bambini, su circa 30mila inguaribili a livello nazionale, ha accesso a medicinali e tecniche di tipo palliativo» - ha continuato Benini. «Nati appositamente per rendere l'approssimarsi della morte meno doloroso, essi sfidano in realtà un tabù ancora troppo presente a livello medico. Scappiamo da ciò che temiamo, e non formiamo le giovani generazioni di pediatri a fare meglio di noi» - ha aggiunto - «Basti pensare che nelle università sono circa 4 le ore, su 6 anni di studi, dedicate alle cure palliative».

Un tema difficile, ma urgente ed emergente, quello che la giornata di conferenze ha voluto affrontare: non temere la morte ma valorizzare il tempo che resta, incentrandolo fortemente sui più piccoli, dando loro potere decisionale. Un potere che il Gruppo Kemet e Apss, organizzatori dell'evento, hanno voluto rendere il più concreto possibile, affidando a Matilde (6 anni) il compito di disegnare l'arcobaleno per le locandine, e scandendo i diversi interventi dei professionisti con una serie di letture estratte da “Oscar e la dama in rosa”. Il libro del francese Éric-Emmanuel Schmitt racconta infatti la malattia con lo sguardo del bambino, raccontandola attraverso le lettere che lui stesso scrive a Dio.













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