Dalla magnesia all’amianto, la storia della Collotta&Cis 

Presentato il libro «La lista di Candido», dove si ripercorrono le vicende della fabbrica di Molina. Tra innovazioni e il dramma degli operai ammalati



LEDRO. Quando ci si trova di fronte a qualcosa di non detto che però pesa come un macigno cosa si fa? Non c’è una ricetta preconfezionata, ma parlarne è terapeutico. E poi un metodo pratico, che forse attutisce il dolore, è quello di suddividere il problema in molti aspetti particolari e ricomporlo solo alla fine come in un grande puzzle. Inoltre per essere più obiettivi bisogna avere la giusta distanza “storica” e non essere troppo coinvolti. Altro accorgimento: far parlare molte voci. È quello che si è cercato di fare per «La lista di Candido», una sorta di Schindler’s List, titolo del libro che si è ispirato a Candido Zendri, messo comunale di Molina di Ledro in pensione, e alla sua lista di lavoratori della Collotta & Cis di Molina che consegnò a Giuseppe Parolari negli anni ‘80 per iniziare a fare delle interviste in modo sistematico e capire il perché dei problemi di salute e dei decessi di questi operai. Il libro, scritto a sei mani da Alessandro Fedrigotti, Alessandro Riccadonna e Donato Riccadonna, è stato presentato in Rocca, presente anche il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti.

La ricerca dell’associazione Araba Fenice, sostenuta dalla Fondazione Caritro, è partita da qui, dalle persone che ci hanno lavorato. In un percorso a ritroso si è scavato nei documenti che ci sono nell’archivio storico e che ricostruiscono l’evoluzione urbanistica della zona. Sono stati perlustrati e fotografati, a cura del Circolo Fotoamatori Valle di Ledro, i ruderi di quello che è rimasto e in una stanza è stato rintracciato e recuperato l’ufficio della Collotta Cis & Figli con un piccolo archivio che altrimenti sarebbe andato distrutto. Il lavoro di immersione nella storia ha portato a visitare anche le enormi gallerie di Besta e di Barcesino dove si scavava la dolomite. Due cose hanno colpito. La prima è stata ricavata dalla testimonianza di Giuseppe Parolari, il medico del lavoro, e fa capire quanto poco si impari dalla storia: dal 1992 in Italia è vietata la produzione e l’utilizzo dell’amianto così come nel resto dei paesi industrializzati, ad eccetto del Canada dove ci sono enormi miniere dove viene prodotto ma non utilizzato sul proprio territorio e quindi solo esportato all’estero. La seconda è stata sottolineata da Rolando Mora, il cui papà Giacomo aveva lavorato alla Collotta, e che fa capire la grandezza di questa fabbrica sia nel bene che nel male: «Questa fabbrica, è stato un luogo significativo dal punto di vista industriale con una genialità nei suoi processi produttivi, che erano innovativi e all'avanguardia per quei tempi, soprattutto se pensato al luogo, una valle sperduta del Trentino. Poi è stata grande nella sua tragicità quando c'è stata la consapevolezza che un prodotto che veniva usato era anche causa di morte. È stata grande, perché attraverso gli studi sulla fabbrica sono arrivate le prime pubblicazioni scientifiche che hanno permesso di fare una normativa e di conseguenza la storia di questa fabbrica ha contribuito al pensiero scientifico per evitare che ci siano altre morti».













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