Al Muse la protesta dei lavoratori esternalizzati. Il museo: «Massimo impegno per una soluzione»
Le ragioni della protesta: «Turni cambiati all'ultimo momento, nessun rispetto degli orari massimi e minimi, situazione lavorativa inaccettabile»
TRENTO. "In merito allo stato di agitazione proclamato dai lavoratori e lavoratrici che prestano servizio al Muse attraverso un appalto di servizi affidato a cooperative, la direzione del museo desidera sottolineare come, ben prima di questa protesta, il museo, conscio della situazione, si sia attivato dialogando con l'appaltatore e con il sindacato per supportare, anche mediante la messa a disposizione di proprio personale strutturato, l'importante lavoro di programmazione turni e aggiornamento del personale".
Lo scrive in una nota il Muse di Trento, dopo l'annuncio dello stato di agitazione dei circa 40 lavoratori dipendenti delle cooperative in appalto al museo comunicato dal sindacato Fp Cgil due giorni fa.
"Questo - aggiunge la direzione del Muse - al fine di migliorare significativamente la gestione della turnistica e di conseguenza la qualità del lavoro delle operatrici e degli operatori. Inoltre, abbiamo convocato un tavolo congiunto stazione appaltante, appaltatore e Cgil per la prossima settimana, primo momento disponibile tra tutte le parti coinvolte. L'impegno per la risoluzione delle difficoltà rimane massimo e concreto".
Nel frattempo è in atto la "procedura competitiva con negoziazione" per l'affidamento dei servizi, il cui stato di avanzamento è disponibile sul sito del Muse nella sezione amministrazione trasparente".
Ma quali sono le ragioni della protesta?
Turni cambiati all'ultimo momento, nessun rispetto degli orari massimi e minimi, situazione lavorativa inaccettabile. Questi i motivi alla base della protesta che coinvolge i lavoratori esternalizzati che operano al Muse.
Lavoratori, cioè, che prestano la loro opera dentro le mura del museo, ma non sono dipendenti della struttura. Perché il mondo moderno è così: per tagliare sui costi, si esternalizza il servizio. Ma qualcuno il prezzo di quei tagli lo paga, e di solito sono i lavoratori, prigionieri di gare d'appalto che non li tutelano.
«Se non troveremo ascolto nei vertici del Museo e nelle cooperative che gestiscono gli appalti questo sarà solo il primo passo» annunciano Alberto Bellini e Gabriele Bianco, della Fp Cgil, annunciando lo stato d'agitazione. Il museo ha esternalizzato una serie di servizi ad alcune cooperati