In pensione sempre più tardi: nel 2024 un calo del 12% delle domande
l report dell’Inps: lo scorso anno sono state 15.455 le persone andate in quiescenza in tutta la regione. Ad incidere in maniera preponderante il calo di quelle anticipate, pari a circa 1.200 richieste, sempre rispetto all’anno precedente
BOLZANO. Netto calo dei pensionamenti. Nel 2024 sempre meno persone hanno lasciato il proprio lavoro - hanno potuto o voluto, dipende dai casi - per godersi il meritato riposo.
A dirlo è il monitoraggio dell'Inps, realizzato su base regionale. Lo scorso anno sono andate in pensione in Trentino Alto Adige 15.455 persone. Un record negativo, con un calo del 12,3% rispetto al 2023 (17.609 in pensione), del 16,3% nei confronti del 2022 (18.471 in pensione) e del 14,5% rispetto alla media dei quattro anni tra il 2020 e il 2023.A incidere in maniera netta e preponderante sono le cosiddette pensioni anticipate, con un calo di quasi 1.200 persone, essendo passate da 8.451 a 7.254 (ma sia nel 2022 sia nel 2021 il totale era abbondantemente sopra quota novemila). Rispetto alla media 2020-2023 si parla di un calo di quasi il 19%.
A livello percentuale il dato più significativo ha riguardato le pensioni di invalidità (-40%), seguite da quelle per superstiti (-24%). Nel primo caso si tratta di una diminuzione legata verosimilmente alle tempistiche, con tempi più lunghi per la registrazione, mentre nel secondo la spiegazione più razionale è di un legame con l'onda lunga del Covid, visti i tassi molto alti di decessi nel 2020, 2021 e, in parte, 2022, che si stanno ora stabilizzando.
In aumento percentuale, ma con numeri poco significativi, gli assegni sociali (da 468 a 510 persone dal 2023 al 2024, con una crescita rispetto alla media del 30%). Meno pensionati ma più ricchi? In parte. Un leggero aumento nell'importo mensile c'è, visto che l'anno scorso ai quindicimila pensionati spettavano in media 1.427 euro rispetto ai 1.391 del 2023 (+36 euro). Ma rispetto al 2020 si registra un calo, visto che allora si percepivano in media 1.461 euro. Un altro aspetto interessante riguarda le pensioni anticipate: il loro calo pesa del 64% rispetto al peso del calo totale. Oltre a numeri e percentuali, è evidente che questo report metta in campo anche questioni economiche, sociali, generazionali e legate al mondo del lavoro, tanto importanti quanto delicate. La pensione di vecchiaia si raggiunge a 67 anni, con un minimo di contributi previdenziali versati, mentre quella anticipata arriva con 43 anni e qualche mese di lavoro, a prescindere dall'età anagrafica (chi ha iniziato a versare i contributi a 18 anni, quindi, andrà in pensione a circa 61 anni).
Ovviamente, si sa, il mondo del lavoro è cambiato negli ultimi decenni e si inizia a lavorare sempre più tardi, con contratti precari e con salari più bassi. Tre elementi che vanno a incidere sul regime pensionistico delle persone e che spiegano il calo di quelle anticipate: chi oggi va a godersi il riposo con la pensione di vecchiaia, lo fa perché evidentemente non riesce ad andarci con quella anticipata poiché fatica ad arrivare ai 43 anni di contributi. In questo contesto, ovviamente, la politica recita un ruolo fondamentale, come sottolineano i sindacati. «Il calo delle domande di pensione può avere più di una spiegazione, una è legata anche al fatto che il lavoratore preferisce restare al lavoro per non essere troppo penalizzato dalla nuove regole con il sistema contributivo che sta prendendo sempre più piede.
Poi non dimentichiamoci che nonostante le promesse dei vari governi la legge Fornero è ancora nel pieno dei suoi effetti e che le donne restano sempre e comunque le più penalizzate», sottolinea Donatella Califano, segretaria provinciale della Sgb/Cisl. Per quest'ultima sarebbe necessaria una riforma che renda il sistema flessibile, ma non troppo penalizzante, difenda i più deboli e prevede un meccanismo di solidarietà tra generazioni.