in aula

Niente terzo mandato per i sindaci nei centri maggiori: voto notturno in consiglio regionale

Passa di misura (29 sì contro 23 no) la linea della Svp, delusione della Lega, per l'adeguamento delle norme a quelle nazionali, con armonizzazione fra Trento e Bolzano. Nei comuni sopra i 15 mila abitanti possibili solo due elezioni a sindaco per lo stesso candidato, nessun limite per i paesi sotto i 5 mila residenti, tre mandati permessi nei centri della fascia intermedia



TRENTO. Sfuma il terzo mandato per i sindaci dei comuni sopra i 15 mila abitanti, dove resteranno due, nessun limite per i paesi sotto i 5 mila residenti, tre elezioni permesse nella fascia intermedia: ieri notte il consiglio regionale ha recepito dunque la normativa nazionale. Passa la linea della Svp, delusione della Lega, per questa dovuta armonizzazione delle norme anche fra Trento e Bolzano.

Dopo molti botta e risposta, discussioni e rinvii, il voto è avvenuto ieri, 13 novembre, quando ormai era quasi mezzanotte.

Il via libera del consiglio regionale è arrivato poco prima della mezzanotte, dopo un pomeriggio e una serata di lunghi e ripetuti rinvii.

I dati della votazione indicano chiaramente la spaccatura: solo 29 voti i sì, contro 23 no e 12 astensioni.

 

Il dibattito in aula. Il testo - illustrato all’aula dall’assessore regionale Franz Thomas Locher-  prevede di adottare la normativa statale (art. 4 comma 1 del decreto legislativo 29 gennaio 2024, n. 7) sul numero massimo possibile di mandati dei sindaci: illimitato nei comuni fino a 5.000 abitanti, 3 mandati nei comuni fino a 15.000 abitanti, 2 mandati nei comuni con più di 15.000 abitanti. La durata del mandato degli assessori comunali non è più limitata. Questa regolamentazione statale è stata effettuata alla luce di una norma costituzionale che non ammette alcuna eccezione, nemmeno per le regioni autonome. Una deroga a questa norma sarebbe possibile solo con una disposizione attuativa dello Statuto di autonomia, esaminato dalla Commissione dei Dodici ma non ancora approvato in via definitiva. “Non ha senso rinviare, occorre - ha detto - garantire la certezza del diritto in tema di voto nei comuni”.

Il dibattito generale è stato aperto da  Claudio Cia (Civica Agire) che  ha spiegato “come  il disegno di legge sia  frutto di un percorso affrettato, dovuto alla scelta di votare in primavera, come è sempre accaduto in passato. Io capisco le preoccupazioni della giunta sulla certezza del diritto ma così assistiamo anche ad un appiattimento sulla norma nazionale. Limitare i mandati è un errore”. Mirko Bisesti (Lega) ha detto che dal punto di vista politico le motivazioni sono in larga parte quelle esposte dal collega Cia. “Noi vogliamo riaffermare la nostra completa autonomia anche in termini di legge elettorale per i nostri sindaci” ha detto. 

Brigitte Foppa (Verdi) ha aggiunto come l’assessore Locher, “mai statalista da consigliere, in questa veste di giunta non sia più con questa legge un difensore dell’Autonomia. La regolamentazione con i tre mandati per i sindaci era molto buona, si erano create diverse novità. Non dovremo fare delle leggi per delle persone”. 

Francesco Valduga (Campobase) ha aggiunto che “rinunciando ad esercitare la propria Autonomia si finisce per metterla a rischio. Serviva invece a una definizione più precisa della norma,com più tempo per lavorarci. La data di oggi non era veramente definitiva”.

Waltraud Deeg (Svp) ha detto che nella sua esperienza politica passata, da assessore provinciale di Bolzano,  già nel 2014 si è resa conto di come una base legislativa certa sia una condizione imprescindibile. Irrinunciabile. “La Svp si è sempre impegnata per la tutela delle nostre Autonomie. Ma per il voto di primavera ci serve una certezza di diritto. Dobbiamo ridare alla gente fiducia nella politica poi cercheremo una soluzione migliore”

Andreas Leiter Reber (Misto) ha aggiunto che “il limite dei mandati per i sindaci è stato un ottimo traguardo raggiunto. Il tema vero è quello di come i sindaci svolgono il proprio mandato".

Anna Scarafoni (Fratelli d’Italia) ha detto “che in assenza di una norma di attuazione si metterebbe a rischio il turno elettorale della prossima primavera. La legge mette in sicurezza tutte le procedure elettorali”. A quel punto la riunione è stata sospesa ed è ripresa alle 20.30

A prendere la parola è stato, in replica, l’assessore Locher che “ha detto di voler continuare ad essere autonomista ma di essersi trovato di fronte ad una sentenza della Corte costituzionale che ha reso necessario questo intervento legislativo”.  L’aula ha quindi votato il passaggio alla discussione articolata, prima che la discussione venisse interrotta per richiesta della Svp.  Respinto in seguito un emendamento presentato dalla consigliera Foppa, ne è stato illustrato un altro presentato  da Stefania Segnana (Lega) per “mantenere l’attuale legge in vigore con una eccezione solo per chi si presenta nei comuni al di sotto dei 5000 abitanti". Alessio Manica (Pd) ha detto di non vedere con favore il tentativo della maggioranza di introdurre un emendamento divisivo anche al loro interno, con il collega Valduga a dire che l’emendamento in questione renderebbe comunque impugnabile l’impianto di legge in discussione. Paul Koellensperger (Team Kappa) ha detto di non condividere l’intero impianto della legge, “di fatto completamente sottoposto ad una norma nazionale”.

Andrea de Bertolini (Pd) ha  osservato che “mettere a terra un disegno di legge ad alto tasso di impugnativa non appare sensato”. L’emendamento è stato bocciato con 36 voti negativi. Respinto anche l’emendamento successivo presentato da Madeleine Rohrer, Verdi, che vorrebbe favorire l’ingresso in politica dei giovani insistendo quindi sul limite dei mandati anche nei confronti degli assessori comunali. Concetto, il rinnovamento, ribadito in aula dal collega di gruppo Zeno Oberkofler. Emendamento respinto, A quel punto è stato votato ed approvato l’articolo 2. A seguire via libera all’articolo 3, 4, 5 (bocciati due emendamenti sul ripristino del quorum al 50 per cento presentato dal consigliere Manica ed uno da Roberta Calzà, Pd, per mettere la parità di genere in lista, al 50 per cento ). Lo stesso Manica chiedeva con un emendamento per estendere il voto dalle 21 alle 23, due ore in più. Proposta non accolta dall’aula. Via libera anche all’articolo 6. In dichiarazione di voto alle 23.40, dopo una serie di interruzioni,  è intervenuto Claudio Cia annunciando "un voto contrario in seguito alla bocciatutra dell'emendamento presentato dalla collega Segnana". Il voto seguente vedeva l'approvazione della legge con 29 si, 23 no e 12 astenuti.













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