Produciamo noi le armi. Chi sono i veri barbari?
La spesa militare globale nel 2017 è stata di 1739 miliardi di dollari, cifra record dalla fine della guerra fredda. Si continua ad alimentare la carneficina in Yemen. E il governo italiano a trazione leghista continua sulla strada del governo di centrosinistra (foto Ansa)
In un racconto pacifista, Antonio Megalizzi, che il Festival dell’economia ricorderà domani sera al Teatro Sociale, metteva in scena uno strano missile. Un missile con una coscienza, quella coscienza che gli esseri umani mostrano di aver perduto.
Al missile avevano fatto credere che doveva salvare il mondo, ma poi finisce per schiantarsi ed esplodere su una casa. Quella casa era abitata da un bambino, con il suo orsacchiotto in braccio, e dai suoi genitori. «Adesso io sono distrutto. Adesso ho distrutto loro. Il mondo è finalmente salvo?».
Il mondo è salvato dalle armi? Domanda sconveniente per il Festival dell’economia che la ignora. Gli affari sono affari, il mercato delle armi continua a crescere. La spesa militare globale nel 2017 è stata di 1739 miliardi di dollari, cifra record dalla fine della guerra fredda. Cifra spaventosa se pensiamo a quanto viene destinato per affrontare povertà e malattie. Americani, russi, cinesi, europei sono i maggiori produttori di armi, con gli italiani che fanno la loro parte. Globalisti e sovranisti, nazionalisti ed europeisti, democratici e dittatori, governi di destra e di sinistra e di centro su un punto sono d’accordo: produrre sempre più armi, vendere sempre più armi, comperare sempre più armi. Il mondo è salvato da tutte queste armi? Le Nazioni Unite hanno documentato 378 conflitti nel 2017, 186 crisi violente, 20 guerre ad alta intensità (lo ricorda “Avvenire” del 28 dicembre 2018). Mai così tante negli ultimi trent’anni. Più armi, più guerre. Più guerre e più morti, più vittime civili, più profughi. Quei profughi che poi respingiamo, noi che li abbiamo creati. Ferocia e ipocrisia della nostra civiltà. Chi sono i barbari?
Viene in mente la sciagurata guerra in Yemen, piccolo paese, poverissimo, lontano dalle nostre preoccupazioni, ma vicinissimo per le armi europee e per le bombe che si fabbricano in Italia e che finiscono su quella popolazione, su quei bambini. Tra il 26 marzo 2015 e il 18 novembre 2018, dicono le Nazioni Unite, ci sono state 17.640 vittime civili in Yemen, di cui 6.872 morti e 10.768 feriti ( lo ricorda Laura Melissari su “The Post International”). I bambini uccisi sono stati 2400. Una strage. La maggior parte delle vittime sono state causate dagli attacchi aerei della coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita. Che si serve anche delle micidiali bombe prodotte da Rwm Italia a Domusnovas in Sardegna e a Ghedi in provincia di Brescia. Fornite all’Arabia Saudita aggirando i vincoli con triangolazioni tra italiani, americani e inglesi (“Le bombe italiane ai Sauditi: ecco il contratto segreto”, inchiesta del “Fatto Quotidiano”, 6 dicembre 2018). La fabbrica sarda di bombe si sta ampliando, si dà lavoro ai disoccupati, l’argomento è tabù, difficile ottenere informazioni (Giampaolo Cadalanu, “Viaggio nella fabbrica delle bombe”, “La Repubblica”, 29 dicembre 2018).
E si continua ad alimentare la carneficina in Yemen. Il governo italiano a trazione leghista continua sulla strada del governo di centrosinistra. La situazione in Yemen è disperata, anche per la fame e il colera. Altra strage. Secondo Save The Children negli ultimi tre anni sono morti per fame o malattie in Yemen più di 84.000 bambini. E sfollati e profughi a migliaia. Lontani per la nostra sensibilità, molto vicini per le nostre bombe. I musulmani che le comperano non ci fanno paura, anche se estremisti. L’Italia fornisce armi anche agli Emirati Arabi Uniti, pure coinvolti nella guerra yemenita, e al Qatar, accusato dagli americani di fomentare il terrorismo. Ma la nostra azienda di Stato, la Leonardo, che fornisce elicotteri al Qatar, va a gonfie vele. Nel 2018 ricavi e ordini (+32%) hanno superato gli obiettivi previsti, dice orgoglioso l’amministratore delegato Alessandro Profumo (intervista a Maurizio Tropeano, “La Stampa”, 14 marzo 2019). Bel tema per il Festival dell’economia: fabbriche nazionaliste, se non di Stato, e morti globali. Gli affari sono affari. Sovranisti e internazionalisti uniti nella guerra.