Le sfide dell'università di Trento: lotta al numero chiuso, spazi, nuovo rapporto studenti-città
È bella e vincente, l’Università di Trento. È un esempio. Un punto di riferimento. Un motore che ha cambiato la città: portandola nel futuro. Ma migliorare ancora è possibile. E necessario. Si tratta solo di ascoltare - dando nuova forma alle parole - alcuni dei messaggi che sono usciti dall’inaugurazione dell’anno accademico.
Le persone. Nella sua... spaziale lezione magistrale, l’astrofisica Marica Branchesi ha invitato i giovani a guardare in alto. A volare, in un certo senso. Trento può raccogliere la sfida in modo diverso. Abolendo il numero chiuso e dimostrando che c’è una democrazia dei saperi che va al di là di prove d’accesso che non selezionano, ma spesso frustrano (e modificano) sogni e vocazioni. Il rettore Collini ha fatto benissimo ad invitare Marica Branchesi: una docente e una scienziata giovane, capace, una madre che riesce a conciliare la vita e il lavoro, una bella persona che trasmette l’idea di un Paese ancora capace di volare. Per farlo, molti giovani devono poter confrontarsi con un’università che seleziona gli studenti «durante» e non «prima». Conosco le obiezioni: gli spazi, la necessità di seguire al meglio gli studenti e via... escludendo. Ma i talenti vanno selezionati in altro modo. E Trento può fare ancora una volta la differenza. Modificando anche alcuni dei dati statistici che si prestano anche a letture preoccupanti. Servono laureati. Servono giovani capaci. Serve vera libertà di studio. Facciamo qui ciò che altri non fanno: apriamo davvero l’ateneo a tutti. A fermare chi non è all’altezza saranno, come accade già, i bravi professori. Non quelli che durante gli esami guardano annoiati gli smartphone, ma quelli - e sono tantissimi - che guardano negli occhi gli adulti che domani guideranno e renderanno migliore questo territorio e questo Paese.
Gli spazi. Sono molti. Sono belli. Vero. Ma non bastano. Anche l’eccesso di successo va gestito. Le code in biblioteca e i problemi che si verificano puntualmente alla fine di ogni settimana, dimostrano che serve altro. In termini di orari ancor prima che di luoghi. Non c’è, in Italia, un ateneo capace di crescere insieme alla città come il nostro. Va sfruttato al meglio il rapporto con il Comune e con la Provincia e vanno trovate nuove “piazze”, anche imprevedibili, per gli studenti, per i docenti.
La vita. Federico Crotti, il rappresentante degli studenti, ci ha ricordato il 1968: ha chiesto spazi, ha chiesto una città più viva (il sindaco avrà ascoltato?), più attenta agli studenti lavoratori, più aperta. È una sfida che Trento - che è già luogo della contaminazione e dell’integrazione - può vincere. Il rumore non può far paura.
Il futuro. Il polo d’attrazione di cui hanno parlato il governatore Rossi e il presidente Cipolletta (mi raccomando, troviamo un altro presidente che sia una finestra aperta sul mondo) oggi è un gioiello. Ma l’università, che è stata la carta vincente per cambiare il volto del Trentino piccolo e solo, non deve aver paura di crescere, di aprirsi ancora, di uscire dal magnifico nido. Deve alzare lo sguardo. E osare.