In Trentino fra i due contendenti il terzo gode. O il quarto?



Se fosse un buon libro, si potrebbe dire che l’autore ha così complicato la trama da non far nemmeno intuire il possibile finale al lettore . Ma è la campagna elettorale. E riesce difficile pensare che ci sia qualcosa di voluto in quanto sta accadendo in questi giorni in Trentino. Si vota fra un'ottantina di giorni, ma non si sa nemmeno quanti schieramenti e quanti aspiranti presidenti ci saranno.

Piccolo riepilogo. Il centrosinistra è diviso: una parte, pur con qualche difficoltà nel digerire l’automatica riconferma, sta con il presidente uscente Ugo Rossi. Una parte - che rischia però di diventare minoritaria o elitaria, per usare una parola oggi in voga - si sta compattando sul nome di Paolo Ghezzi, giornalista che giustamente suggerisce a tutta la coalizione di entrare in una grotta e di uscirne con un unico nome, ma che rischia di restare isolato, pur essendo sostenuto da una rispettabile compagnia. E' facile pensare che alla fine guiderà una lista capace di intercettare chi non ne può più di alcuni "rinnovi automatici", ma comunque nell'alveo del centrosinistra.

I più abili nella lettura - di libri, ma anche di quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist, lo spirito del tempo - già dicono che alla fine, da questo braccio di ferro non dichiarato, il nome di un vincitore uscirà. Ma, dettaglio non trascurabile, il nome non sarà quello dei due contendenti. Come se fosse così facile, in questa terra, trovare non tanto candidati, quanto presidenti della Provincia capaci e autorevoli. Comunque, mentre alcuni si schierano per l’uno o per l’altro candidato, altri cercano il nome capace di rimettere insieme quest’area che dalla batosta del 4 marzo vive quasi in apnea. Ecco allora rispuntare il nome di Giorgio Tonini, ex senatore che potrebbe fare l'uomo della transizione. Ma il terzo nome potrebbe essere anche diverso. Con un pericolo, però: che Rossi non faccia comunque un passo indietro, rendendo dunque quasi impossibile la vittoria di questo schieramento.

Chi il 4 marzo ha vinto - il centrodestra - ha comunque problemi. Il sottosegretario leghista Maurizio Fugatti vorrebbe tornarsene a Trento per cercare di “prendere il Palazzo”. A Roma tutto è instabile e il futuro non sembra lastricato di speranza. Ma una sconfitta sarebbe intollerabile. Come giocare a Monopoli e dover tornare al via a partita quasi conclusa. Forza Italia sta a guardare, ma è forte l’idea di lanciare una donna all’ultimo istante. L'idea di Ilaria Vescovi, che aveva già praticamente in tasca un biglietto per essere la prima presidente donna della Provincia, ma che ha rinunciato per i suoi impegni industriali, era indubbiamente spiazzante. E capace di sfondare al centro. L'obiettivo di chi cerca alternative a Fugatti è comunque chiaro:  non permettere la definitiva salvinizzazione di quest’area politica.

I grillini - i cui consensi, soprattutto da queste parti, non sembrano così granitici - vogliono presentarsi da soli. Com’è loro costume. Togliendo voti un po’ di qua e un po’ di là. Ma con poche reali aspirazioni. Senza contare qualche temerario che potrebbe osare una corsa solitaria, ci sono poi i civici: un universo che ha un grosso peso teorico (ma la teoria, in politica, come noto conta poco), ma che ha soprattutto la capacità, schierandosi, di far pendere da una parte - o dall’altra - l’ago della bilancia.

Prima di tutto questo, però, ci sono gli elettori. Che faticano a orientarsi in questo labirinto di incertezze e indecisioni. Ciò malgrado, saranno loro a decidere. 













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