I sogni spezzati di Ester, uccisa dall'ex compagno
Penso a una donna uccisa nel fiore degli anni, Ester, con tutti i nuovi progetti che aveva affastellato nei pensieri.
Penso ai suoi tre figli così piccoli. Orfani dei genitori. Orfani di futuro. Orfani persino del loro passato: perché fra qualche anno faticheranno anche a ricordare i momenti belli che pur devono esserci stati.
Penso alle parole che i nonni e lo zio dovranno trovare, in queste giornate senza sole e senza stelle, per spiegare loro, con tenerezza e sincerità, ciò che in realtà non è spiegabile. Come si può a dire a tre cuccioli che quella bella famiglia che ancora si scorge nei loro disegni acerbi non c’è più? Come si fa a raccontare che papà ha accoltellato la mamma e un pezzo del cuore di ognuno di loro?
Penso a una minuscola comunità di montagna che non sarà più la stessa. Valfloriana non smetterà infatti di chiedersi - come ancora una volta fa tutta la società – cosa avrebbe potuto intuire, dire o mettere in atto per fermare l’ennesimo uomo incapace di fare i conti con la perdita, con l’idea di sconfitta.
Penso ai tanti che ancora una volta cercano di descrivere una storia che si ripete, all’apparenza sempre uguale: una donna che muore, colpita dall’uomo che diceva d’amarla. L’uomo col quale ha vissuto, col quale ha fatto dei figli, col quale un tempo progettava probabilmente di crescere, di camminare, di invecchiare. Un uomo dal quale, per ragioni diverse ma in realtà quasi sempre simili a quelle che spezzano tante altre coppie, aveva deciso di staccarsi. Un uomo che però è riuscito ugualmente a riavvicinarla e a colpirla. Come se potesse disporre della vita e della morte di lei.
Penso al dopo. A chi resta. Al padre, alla sorella o al fratello di Giulia Cecchettin, alla famiglia di Vanessa e ora a quella di Ester Palmieri, la donna piena di sogni che in ogni foto sorride a chi la inquadra e alla stessa esistenza.
Penso al prima: a ciò che non riusciamo a leggere in anticipo, ma che decodifichiamo all’indomani di una tragedia, ritrovando dettagli sottovalutati, gesti ripiegati nella memoria, avvisi scivolati nel vuoto. Penso infine alla (presunta) normalità: dei litigi, dei rumori, dei silenzi, della brutale forza maschile che sembra l’unica grammatica conosciuta da troppi uomini incapaci di governare, di descrivere e forse persino di provare certe emozioni. Egoismo che travolge ogni cosa. Trasformando la morte -inclusa la propria - in una “soluzione”. Una via senza ritorno. Una terribile scorciatoia di sangue, di egoismo e di superficialità.