Caro Kompatscher, a Natale ci regali una giunta
Pensare che non troveremo sotto l’albero, fra una settimana, la nuova giunta provinciale, fa un certo effetto. La comunità - fatta anche da cittadini che faticano sempre di più ad andare alle urne e a credere nella politica di oggi - non capisce. E poco serve dire che è spesso andata così. Se non altro perché in passato c’era continuità fra una giunta e quella che l’aveva preceduta. È andata così persino l’ultima volta, cinque anni fa. Certo, Christian Tommasini (Pd) non era esattamente Massimo Bessone o Giuliano Vettorato (entrambi leghisti, ammesso che restino tali), ma la Svp s’è quasi sempre mossa come se gli assessori italiani fossero un “male necessario”, un dazio da pagare allo Statuto, un contentino per questi italiani che contano sempre meno. E i risultati si sono visti: la comunità italiana si sente realmente di giorno in giorno più isolata e sempre meno rappresentata. Al punto che trovare un candidato - anche quando si tratta di puntare alla poltrona di sindaco del capoluogo - è ormai impresa prossima all’impossibile. Più facile vincere al superenalotto.
Questa volta - anche se c’è chi si ostina a non prenderne atto - è tutto diverso. Virare a destra significa tante cose. Una su tutte: la necessità di assumersi le proprie responsabilità. Senza nascondersi dietro ai vari “tavoli programmatici” che fanno solo venire in mente una bella definizione del sociologo Aldo Bonomi: «Viviamo in un Paese di falegnami. Ogni volta che c’è un problema, si decide di costruire un tavolo». Tavolo che i problemi poi ovviamente non li risolve mai. Semplicemente li sposta. Li rimanda. Qualche volta - per restare alle metafore da falegnameria - li pialla, prendendo tempo e riempiendo di segatura gli occhi di chi osserva, di chi aspetta, di chi è disorientato. Ed è esattamente ciò che sta facendo la Svp in queste settimane, con una “vecchia” giunta che si riunisce come se nulla fosse, anche se a farne parte ci sono assessori che gli elettori non hanno confermato o assessori che tali non saranno più. Poi appunto uno si chiede come mai gli elettori si sentano presi in giro. Persino a Trento stanno facendo meglio, benché il presidente Fugatti abbia cercato in tutti i modi di complicarsi la vita non rispettando (prima dell’inevitabile retromarcia di qualche giorno fa) i patti siglati prima del voto. A costo di ripetermi, torno a dire che Roma finirà col pensare che l’autonomia differenziata debba tener conto anche di queste nuove “differenze”: l’incapacità di dar vita a un governo in due mesi. Dai, a Natale regalateci una giunta.