STUDI»LE NUOVE TESI
GLORENZA. Glorenza ha una fama consolidata come attrazione turistica: atmosfera d’altri tempi, eventi legati al Medioevo, un originalissimo Mercatino di Natale. Ma nei prossimi anni potrebbe...
GLORENZA. Glorenza ha una fama consolidata come attrazione turistica: atmosfera d’altri tempi, eventi legati al Medioevo, un originalissimo Mercatino di Natale. Ma nei prossimi anni potrebbe sfoggiare una fama ben più prestigiosa, diventando la “città ideale” immaginata e progettata da un certo Albrecht Dürer. Nei giorni scorsi si è tenuto a Glorenza un convegno curato dal Kulturinstitut per dare risposte a queste domande: com’era la vita nell’antica città venostana 500 anni or sono, intorno al 1500? Quali erano le caratteristiche di questo centro dell’amministrazione principesca? Rinomati scienziati, storici e ricercatori hanno tenuto ampie relazioni sul tema. Fra questi anche due esperti bolzanini, lo storico Concino de Concini e l’architetto Giorgio Fedele, che da quarant’anni studiano la storia di Glorenza per capirne e carpirne i segreti. E per lanciare, finalmente e ufficialmente, una tesi ardita ma assolutamente plausibile: nella ricostruzione della città tardomedievale distrutta nel 1499 nella battaglia di Calva ci sarebbe la mano geniale di Albrecht Dürer, l’artista poliedrico considerato una sorta di Leonardo d’Oltralpe.
Dall’idea che solo una mente così straordinaria – che in quell’epoca frequentava il nord Italia e le valli atesine lasciando tracce a dir poco interessanti – avrebbe potuto mettere mano a un impianto urbanistico così originale, i due bolzanini sono approdati fino ad una scoperta sensazionale: in un prezioso autoritratto di Dürer conservato al Prado di Madrid, lo sfondo è proprio l’Alta Venosta, con la piana di Glorenza vista dal versante sud. Una notizia con la N maiuscola per Glorenza e la sua storia, ma anche per gli appassionati di storia dell’arte. de Concini e Fedele ci sono arrivati dopo lunghe indagini su Albrecht Dürer, trovando conferma alle loro tesi dopo un’attentissima analisi del dipinto. Del resto Giorgio Fedele indaga su Glorenza dal lontano 1979, quando scrisse la tesi di laurea in architettura proprio sulla città venostana. E non è tutto qui: la meticolosa analisi urbanistica della città ha consentito ai due esperti di lanciare una tesi importante almeno quanto la scoperta del dipinto: l’impianto urbanistico di Glorenza non sarebbe tardomedievale come si è certificato finora, ma proto-rinascimentale, ideato come sarebbe stato da una mente prodigiosa come quella di Dürer per diventare una delle primissime “città ideali”.
“È stato un convegno davvero importante – ci dice Concino de Concini – a partire dal non trascurabile dettaglio che il Kulturinstitut che organizzava ha ospitato due interventi in lingua italiana ed è rimasto colpito dai contenuti di questi interventi. Avevano davvero voglia di ascoltarci. L’architetto Fedele al convegno ha sintetizzato le lunghe ricerche urbanistiche che abbiamo fatto su Glorenza in 40 anni di lavoro, mentre io mi sono occupato della presenza di Albrecht Dürer in Alta Venosta, una presenza che nessuno aveva mai rilevato e rivelato”.
Una scoperta clamorosa.
“È la risposta alla constatazione che in quell’epoca storica solo Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer o Biagio Rossetti avrebbero potuto firmare il progetto di una città unica in Europa, la città ideale del manierismo artistico rinascimentale, perché pochi anni dopo il Rinascimento avrebbe adottato le linee guida neoclassiche del Palladio per altre città ideali. E noi abbiamo dimostrato che il celebre illustratore germanico è effettivamente stato qui”.
Come?
“Abbiamo trovato traccia della sua presenza al primo congresso della diplomazia europea dell’era moderna, pochi anni dopo la scoperta dell’America; congresso che si tenne proprio a Glorenza nel 1496. Un evento tenuto sotto silenzio dalla storiografia europea. Per Dürer era il secondo viaggio in Italia, l’unico nelle valli occidentali dell’Alto Adige, mentre il terzo risale al 1505”.
L’altra scoperta riguarda l’autoritratto conservato al Prado di Madrid.
“Cercando materiale sul grande artista ci siamo imbattuti in quest’opera che ha come sfondo, sulla destra, proprio le colline che circondano Glorenza. E lo abbiamo dimostrato con rilievi topografici incontestabili”.
Ma tutto questo in che cosa può sfociare, quali tracce resteranno a Glorenza?
“Immagino anzitutto che si possa allestire una mostra permanente su queste illustri radici culturali, magari con il patrocinio dell’Unesco. Poi il nostro progetto prevede un libro per raccogliere tutto il lavoro che abbiamo fatto: noi ne abbiamo uno pronto da dare alle stampe e depositato alla Siae. Un libro doppio: da una parte il testo, dall’altra le immagini che documentano l’intero studio attraverso i vari passaggi. Il titolo dovrebbe essere “L’enigma della valle perduta” e contiamo davvero che l’ente pubblico sia interessato alla pubblicazione. Partendo da queste basi, è ovvio che tante altre iniziative sono possibili ed anzi auspicabili”.