Viaggio col salmone norvegese, dai fiordi alle tavole italiane



- E' uno dei protagonisti della cucina delle feste tra Natale e Capodanno e non c'è cenone che si rispetti che non lo inserisca nel menu, al piatto o spesso sui crostini spalmati di burro. Ma, nonostante il costo non proprio alla portata di tutte le tasche. il salmone si è ormai imposto sulla tavola degli italiani per tutto l'anno nelle sue differenti presentazioni: cotto, crudo, affumicato, a filetto, sotto vuoto o in scatola.

   Ogni italiano ne consuma 2 kg a testa all'anno (fonte Nordlaks) ed è considerato uno degli alimenti che più coniuga salute e diete alimentari equilibrate: una fonte di proteine ad alta salubrità e di Omega 3, sul quale però c'è ancora confusione e qualche dubbio, a volte propagato dai social e da un'informazione spesso approssimativa. Intanto va distinto il salmone selvaggio, che ha quasi sempre un costo maggiore da quello di allevamento. Ma anche tra quelli di allevamento ci sono sostanziali differenze. I grandi produttori sono la Norvegia, la Scozia e anche il Cile ma tra questi il paese scandinavo risalta per produzione, ricerca, filiera e qualità del prodotto. Non fosse altro perchè si tratta della seconda industria del Paese per peso del Pil dopo l'Oil and Gas.


    Oggi si approfondisce proprio il salmone norvegese, che rappresenta il 51% della produzione globale e per il quale l'Europa è il mercato più importante e l'Italia rappresenta il terzo mercato al mondo. A Milano c'è una importante sede del Norwegian Seafood Council che ha voluto mostrare tutta la filiera (il salmone rappresenta il 71,3% del totale del pesce prodotto nel Paese), dai laboratori di ricerca, l'Akvaplan Niva, Nofima Norwegian institute of Food e il Norwegian College of Fishery Science di Tromso, dove vengono preparate le leve del domani (390 studenti, sei corsi di studio, spiega Petter Holm, Head of department - UiT Arctic University of Norway), gli allevamenti. i monitoraggi, la lotta alle malattie, l'impulso alla sostenibilità anche con soluzioni di grande innovazione fino all'uso di strumenti che già guardano alla AI per garantire una produzione sempre più abbondante, vista la richiesta del mercato, e soprattuto salubre, anche prosaicamente per far quadrare i conti. Uno dei temi più delicati sta a monte della catena alimentare dell'allevamento: agli albori dell'industria, e quando i numeri della produzione erano infinitamente più bassi di oggi, nel 1990, gli ingredienti marini nel mangime prodotti in Norvegia erano per la quasi totalità pesci e crostacei. E' stato evidente presto, come ha spiegato a Stokmarknes, Leif Kjetil Skjæveland manager of Sustainability and Public Affairs della Skretting, leader mondiale per i mangimi per l'acquacoltura che, per la crescita esponenziale della domanda, non ci sono abbastanza pesci selvatici per sostenere l'allevamento dei salmoni.


    Investendo sulla ricerca e dopo lunghe sperimentazioni si è però giunti a garantire un apporto corretto di vari elementi: le proteine (girasole, semi di colza, glutine di frumento) da aggiungere ai pesci selvatici il cui utilizzo nei mangimi è ormai residuale, i carboidrati (frumento), il grasso (olio di colza olio di Camelina olio di lino che si aggiungono a tagli di pesce, olio di pesce, olio di microalghe) i micronutrienti, ottenuti dalle alghe. Infine il colore, quel rosa salmone sul quale sui social spuntano tante perplessità è dovuto alla astaxantina, un carotenoide naturalmente presente in alcune alghe e nei crostacei, di cui il salmone è ghiotto. "La molecola dell'astaxantina - spiega Skjæveland -. non potendo ricorrere alla pesca indiscriminata di crostacei, è stata così riprodotta in laboratorio e introdotta nel mangime conferendo quel colore che si trova nel prodotto finale. Una composizione del mangime che in Norvegia è sottoposto a continui e rigorosi controlli sul giusto dosaggio dei vari elementi e sulla presenza di metalli pesanti e altri inquinanti".


    Le vasche di allevamento nei fiordi norvegesi, dove non esiste il tanto temuto sovraffollamento (il 2-3% di salmoni e il 98-97% di acqua è la percentuale di tutte le centinaia di imprese presenti sulle coste norvegesi) vengono controllate attraverso monitor dalle sale di controllo da personale che verifica se vi siano segnali di malattie che si diffondono, possibili fughe dalle vasche o attacchi di predatori, e per gestire il flusso del mangime onde evitare sprechi. E' noto, ma vale la pena di ripeterlo, che l'uso dell'antibiotico fatto nei primissimi anni della produzione è ormai da decenni ridotto a percentuali minime grazie all'uso dei vaccini.


    Oggi il nemico più insidioso del salmone di allevamento norvegese (il salmone atlantico) è il parassita, il sea lie o pidocchio di mare, contro il quale si utilizzano oggi tecniche da Star Wars: si stanno sperimentando e diffondendo macchinari che, immersi nelle vasche, scannerizzano i pesci che gli passano davanti e, alla visione di un parassita, lanciano un raggio laser che lo uccide, senza alcuna conseguenza per il pesce.
    Peraltro i dati di questi macchinari, che scannerizzano migliaia di pesci al giorno, forniscono dati preziosissimi per l'uso della intelligenza artificiale nell'allevamento.


    Ma, siccome. la domanda continua a crescere e l'installazione di nuove gabbie nei fiordi è strettamente regolata per garantire l'ecosistema, nuove tecnologie e nuovi metodi di produzione stanno emergendo, una in particolare per l'allevamento in acque alte, nell'Oceano. Eirik Nikolaisen di Nordlaks, una delle società più grandi e innovative della Norvegia, fondata nel 1989 e di proprietà di una famiglia (come quasi tutte), ha illustrato il progetto "The Ocean Farm'. Un vascello di 360 metri di lunghezza che non naviga ma che puo ruotare al 360 gradi a seconda delle correnti, e che contiene 12 silos, profondi 56 metri per una produzione di 10mila tonnellate di salmone per un periodo che va dai 9 mesi ad un anno. Altra soluzione, in fase di sperimentazione, ha detto Kolbjorn Hoseth Larsen, Communication advisor di Nordlaks, è il Fish farm project 'Hydra': l'utilizzo di gabbie in acciaio che riducono gli assalti dei parassiti e dei predatori e prevengono eventuali fughe. La produzione di questi tank è affidata ad una societa turca. Nofima, racconta il communications manager, Morgan Lillegard, studia invece le Submerged cage farming, che ponendo il salmone a maggiore profondità. lo separa dall'infestante sea lice.


    Infine, la produzione: alla Holmoy Maritime, a Stokmarknes, il sales manager, Rune Tjonsjo ha illustrato tutto il processo dal prelievo del salmone dalle gabbie fino all'imballaggio: lungo la linea i controlli manuali si alternano a quelli delle macchine che eseguono un cntrollo di qualità fino alla determinazione della quantità di grasso o altri elementi nel salmone, decidendone cosi anche la destinazione come tipo di confezionamento e mercati. Tutto il processo impiega al massimo due ore. Va sottolineato come Polonia e Francia siano tra le prime destinazioni del salmone norvegese. In realtà è una tappa di produzione: qui vi arriva e viene processato a costi ridotti, anche permotivi fiscali, e poi inviato ai mercati di cosumo dove, occhio all'etichetta, sarà scritto 'prodotto in Polonia' e poi 'decongelato'. Una tappa che ne fa un salmone comunque di qualità ma a costi più contenuti rispetto a quello più pregiato che arriva fresco sul mercato. (ANSA).
   









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