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Annalisa Zeni, la coach delle donne imprenditrici

Coordinatrice dell’area “Fare impresa al femminile” dell’Accademia d’impresa, dal 2017 guida le aspiranti lavoratrici autonome, guidando i loro progetti e mettendole in rete


Daniele Peretti


TRENTO. Annalisa Zeni la chiamano la coach delle donne imprenditrici, mentre lei preferisce definirsi come tutor, intesa come angelo custode; di certo è la coordinatrice dell’area “Fare impresa al femminile” dell’Accademia d’Impresa. Il suo è un approdo lavorativo del tutto diverso rispetto a un percorso scolastico fatto da un diploma al Liceo Rosmini di Trento e una laurea a Verona in Scienze dell’Educazione. In mezzo supplenze alla scuola d’infanzia e ancora, prima di laurearsi, l’inizio del lavoro all’Accademia. Dal 2017 è responsabile dell’incubatrice dell’imprenditoria femminile.

Quali sono le paure più diffuse tra le donne che vogliono mettersi in proprio?

La più diffusa è l’insicurezza che le porta a pensare a dei limiti che in realtà sono auto imposti e non esistono. Diffuso il timore di non avere competenze sufficienti.

Perché limiti auto imposti?

Perché si pensa solo a quello che serve per compilare i curriculum e non alla propria vita privata. Pensi che una aspirante imprenditrice impegnata in un progetto molto impegnativo a livello finanziario mi dice di non essere portata all’organizzazione e al coordinamento. Parliamo e vengo a sapere che è mamma di cinque figli. Bene, se è sopravvissuta a tutti quei figli non può che essere molto brava a organizzare e a coordinare. Spesso non si pensa alle competenze trasversali: sono le donne che vanno a udienza, curano i genitori e in modo esclusivo i figli e queste non sono forse competenze fondamentali per rapportarsi anche nel mondo del lavoro?

Invece la richiesta di chi ha già avviato un’attività?

Come vincere la solitudine imprenditoriale. Le donne sono poche e hanno bisogno di conoscersi e di supportarsi a vicenda.

Per riuscirci cosa proponete?

“W.O.W (Work out women) in rete" è un corso aperto a tutte le imprenditrici che si svolge in pausa pranzo una volta alla settimana. Al momento sono 25 le iscritte ed è straordinaria la disponibilità ad aiutarsi reciprocamente.

Per le aspiranti imprenditrici invece?

W.O.W in presenza, per 85 ore di formazione dove alla crescita individuale si somma un business plan della singola attività. Nel 2021 abbiamo avuto 60 iscrizioni per 12 posti, anche per questo abbiamo pensato alla versione online. Quest’anno le iscritte sono 25, ma il corso è aperto a tutto l’Euregio, i gruppi sono divisi per lingue di appartenenza e quando arriverà il momento di essere incubate, cioè protette nella parte esecutiva del progetto, l’esperienza potrà essere fatta scambievolmente in tutte le tre regioni dell’Euregio. A settembre scadrà la presidenza trentina e questo è un modo per caratterizzarne gli ultimi mesi.

I progetti più strani presentati?

L’elaborazione della cannabis in ambito turistico, un sexy shop e una trasformazione nell’ambito degli insetti bloccata però dalla mancanza di una normativa ufficiale. I più innovativi di certo il progetto in atto a Vezzano di recupero e trasformazione di abiti in cotone o lana pura che vengono riciclati in prodotti nuovi con un circuito di moneta propria tra chi regala i vestiti dismessi e chi acquista il nuovo prodotto. Oppure i laboratori per occupare i tempi morti dei piccoli pazienti di pediatria con l’attività finanziata da sponsor privati e quindi gratuiti.

Una caratteristica della aspirante imprenditrice?

La testardaggine. Non mollano mai. Ho un caso recente di un progetto di commercializzazione di prodotti dal Sud America mai mollato per due anni: ora c’è il primo viaggio di lavoro.

L’emozione più grande?

Finisco per essere parte attiva dei loro sogni: raccolgo i progetti, lavoro su quelli selezionati da altri e ogni volta che tutto va a buon fine è un’emozione enorme.

Allarga le braccia sconsolata? Quando una donna si arrende lungo il percorso e perde motivazione. Non penso tanto a lei, ma a quelle che ho lasciato fuori dai corsi per farla entrare.

L’imprenditoria femminile è statisticamente tra gli ultimi posti a livello nazionale, perché?

Da noi un’occupazione si trova quasi sempre anche conciliabile con le esigenze famigliari. Un contesto che porta ad avere un numero minore di imprenditrici e meno ce ne sono, meno ce ne saranno. Fare imprenditoria femminile non è una necessità, ma una possibilità e come tale non tutte le vogliono provare.

A livello personale cosa le fa piacere?

Sentirmi dire a metà corso: ora abbiamo capito perché hai scelto proprio noi. Poi quando le imprenditrici iniziano a collaborare tra loro. Tant’è che stiamo lavorando alla creazione di una sorta di club attraverso il quale organizzare anche attività non lavorative. Mi fa piacere anche vedere che “vecchie corsiste” continuano a venire alla nostra cena di Natale che è aperta a tutte: è la conferma che hanno assimilato la filosofia del nostro lavoro.

 













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