Il tributo di Palù al grande Simoni / FOTO
Gibo sincero: «Ma il mondo dell'agonismo non mi manca più di tanto»
PALU' DI GIOVO. Carrierona? Super festa. Già, pur avvezzi alla gloria su due ruote a Palù di Giovo hanno voluto organizzare una cosa speciale per Gilberto Simoni, una sorta di tributo alla carriera. Al palasport della località cembrana che la dinastia Moser prima e il Gibo poi hanno fatto conoscere nel mondo si sono dati appuntamento corridori di oggi e di ieri, sponsor, diesse di una carovana sportiva che al Trentino offre adrenalina e soddisfazioni da mezzo secolo abbondante. Tra un festoso pasto e mille libagioni si è consumata una sorta di passaggio di testimone tra Gilberto (arrivato alle 21 in smoking, cappello di lustrini e, naturalmente, in bici) e l'ultimo astro nascente di Palù, l'atteso Moreno Moser. Cinquecento i presenti. C'erano Oss e Bertagnolli, Bertolini e Napolitano, Baldato e Fondriest, i fratelli Moser, "Zorro" Zorzi, il cappellano del ciclismo don Laghi. Non mancava Tiziano Mellarini.
Gilberto, cosa le manca del mondo del ciclismo?
Tante cose, in primo luogo la giovinezza. Ci sono stato dentro per 18 anni e rimanere in quell'ambiente permette quasi al tempo di fermarsi. Per me è stato come avere sempre 25 anni, in continuo movimento, tra una corsa e l'altra, uno spostamento da un Paese ad un altro. L'adrenalina, le grandi soddisfazioni, le grandi delusioni ti fanno sentire vivo a mille all'ora. Ecco tutto questo, oramai da un annetto non c'è più.
E, di converso, cosa ha lasciato a cuor leggero in quell'ambiente che salutato lo scorso anno?
Sono contento di non dovere più compiere il lavoro continuo, quotidiano, che sta dietro alla vita di un corridore. Sono tante piccole cose, meticolose, dalle quali non puoi presumere nemmeno per un giorno: allenamento, dieta, massaggi, controlli, concentrazione. Se uno conosce solo superficialmente il nostro mondo, pensa che ci siano solo le corse e stop. In realtà, ripeto, si tratta di un'attività che ti assorbe completamente per 12 mesi all'anno. Ora posso finalmente fare una vita normale, godermi la mia famiglia, i miei tre figli: Sofia che ha 8 anni, Ernesto che ne ha 5 e Clarissa di 3.
Lei ha iniziato a correre relativamente grande, a 14 anni. Molti genitori mettono in bici i figli prima.
Sì, io non da piccolissimo. Sono stato comunque in sella per tanto tempo. Diciamo che ho recuperato nel corso della mia carriera.
Tagliare di netto il cordone ombelicale con le due ruote non è però cosa facile. No? In questi mesi ha avuto delle proposte, pensiamo alla tutorship per i giovani della Leopard... o alla collaborazione con la squadra di dilettanti della Unico1.
Mah, a dire la verità per quanto riguarda la Leopard sono stati un po' loro a tirarmi in mezzo con il progetto di fare da chioccia al team. C'erano stati solo degli scambi di idee, nulla di più, poi però sui giornali sembrava che la cosa fosse andata a buon fine. Ma in realtà non era così. Per il resto davvero non mi ci vedo a fare il direttore sportivo, nemmeno tra i pro. Sono stato tanto tra i ciclisti che ora voglio davvero cambiare settore.
Su che cosa pensa di orizzontarsi?
Beh, in tanti anni di attività ho messo da parte qualcosa ed ora mi occupo anche dei miei investimenti. Non ho dei progetti precisi, tante idee in mente a cui però mi voglio disporre senza tanto stress.
Parliamo allora di chi la carriera l'ha appena iniziata. Stasera a Palù da lei i fans hanno visto, anzi si augurano di vedere, una sorta d passaggio di testimone tra lei e Moreno Moser, pronto al grande salto con la Liquigas. Vede delle affinità tra Gibo e Moreno?
Io sono stato un corridore diverso da Francesco Moser e Moreno Moser è una altra persona rispetto al sottoscritto. Indubbiamente Moreno ha fatto grandi cose tra i dilettanti e con un biglietto da visita di questo tipo può regalare grandi emozioni ai tifosi negli anni a venire. Il tutto in un'ottica di una Palù che continua ad essere un punto di riferimento per il mondo del ciclismo. Bene così, no?
I suoi fans hanno voluto organizzarle questa festa alla carriera. Un inizio faticoso, tra mille problemi, ma poi un crescendo esaltante che l'ha portato a vincere due Giri d'Italia e a salire ben cinque volte sul podio della corsa rosa. Un Giro le è stato tolto in modo discusso e discutibile: è questo il rimpianto maggiore della sua carriera?
No, no. Di Giri nei ho vinti comunque due. Onestamente non credo che se avessi portato a casa anche la terza maglia rosa sarebbe cambiata tanto la caratura della mia carriera. Quando guardo all'indietro e sfoglio il mio palmares vi è una gara che mi spiace davvero non aver vinto: il campionato del mondo. Ecco una maglia iridata in bacheca in mezzo alle due rosa avrebbe fatto davvero una bella figura».