«Coop, il nuovo presidente dovrà coinvolgere la base»
L’uscente Fezzi riflette sul futuro della Federazione: «Non possiamo inventare la cooperazione ad ogni elezione, ma curare ed aggiornare quella che abbiamo»
A pochi giorni dalla chiusura delle candidature per la corsa alla presidenza della Federazione delle Cooperative, è intervenuto ieri il presidente uscente Mauro Fezzi con una riflessione sul futuro della Cooperazione. Ne pubblichiamo ampi stralci.
Vedo in giro molti profeti impegnati ad immaginare il futuro della cooperazione, e a fornire ricette per tornare ad essere punto di riferimento dell’economia e della società trentina. Anche i profili del presidente ideale non mancano nei commenti sui giornali di questi giorni.
Vorrei soffermarmi su un concetto che ho visto trattato in maniera abbastanza trasversale: ovvero che la cooperazione abbia bisogno di essere governata da un “capo”, naturalmente carismatico ed autorevole. Questo bisogno di leadership è una esigenza piuttosto comune nella società contemporanea, ma mi pare più adatta ad un sistema politico che ad una organizzazione di imprese. La cooperazione non è un “pacchetto” che può essere preso e portato da una parte o da un’altra.
Il presidente può contribuire ad indicare una strada (evitare le buche e gli inciampi sarebbe già un bel risultato), ma da solo non va da nessuna parte. Con lui c’è un consiglio di amministrazione, ma nemmeno quello sarebbe sufficiente se non si coinvolge la “base”.
In realtà la “missione” della cooperazione non è scritta ai piani alti della federazione ma ha molti autori, e questi stanno sul territorio, nelle imprese cooperative, nel “mercato” e in tutte le manifestazioni dove la cooperazione è presente. Non possiamo inventarcene una nuova ad ogni elezione, ma piuttosto curare ed aggiornare quella che abbiamo e che è immutata nel tempo: contribuire al miglioramento sociale ed economico delle persone.
C’è una crisi, è vero, di valori e di motivazioni, ma essa è generale e non riguarda necessariamente soltanto la cooperazione. Questa è una fase di profondo cambiamento per l’intera società.Mi verrebbe da dire che oggi il presidente o la presidente della federazione deve soprattutto essere un motivatore/trice, uomo o donna di relazione, costruttore o costruttrice di reti e di alleanze. Ha smarrito i valori? Può darsi in qualche caso, tuttavia negli anni della crisi dopo il 2008 le cooperative trentine hanno aumentato l’occupazione ben più di altri. E questo non è un valore? La cooperazione contribuisce in maniera importante al mantenimento della vita in montagna, attraverso l’agricoltura, al presidio dei punti vendita alimentari, garantisce il credito alle famiglie e alle piccole imprese artigiane anche dove altri lo hanno rifiutato, si prende cura dei più deboli, viene incontro ai bisogni delle persone.
In molti settori sono in corso importanti riforme strutturali o progetti strategici di ampio respiro: nel credito la trasformazione e il consolidamento delle Casse Rurali potrebbe portare a nuove opportunità per il Trentino; nel consumo la definizione delle Famiglie cooperative come Servizi di interesse economico generale (Sieg) consentirà di portare anche nelle aree periferiche nuovi servizi per i cittadini; la conversione di vaste aree agricole in coltivazioni biologiche; le cooperative sociali sono le protagoniste di una sorta di “rivoluzione silenziosa” nella costruzione di nuovi modelli di welfare che stanno sostituendo gli spazi da cui si sono ritirati gli enti pubblici.
Questi sono fatti. Quello che voglio dire è che non stiamo parlando di un movimento allo sfascio che cerca il suo salvatore. Parliamo di un sistema di imprese che declina la propria missione mutualistica in tante forme e spesso con ottimi risultati. Anche con qualche criticità, naturalmente, perché nessuno è esente da errori e imperfezioni.
Qual è dunque il ruolo della federazione? Fare il direttore di orchestra e suonare i brani più alla moda? No. La federazione, a mio avviso, è l’ente di vigilanza, tutela e promozione nato e cresciuto non per governare le cooperative ma per far convergere la loro azione su obiettivi comuni legati al miglioramento della qualità della vita delle persone e della società. Un modello inclusivo, partecipativo e democratico che si fonda sull’autonomia delle cooperative e sulla libera elezione degli organi di governo.
Anche in federazione, come in ogni altra impresa cooperativa, non c’è e non ci potrà essere un presidente calato dall’alto, magari “amico degli amici”, e poi fatto “digerire” dai soci in assemblea. Se mai c’è stato in passato, la Federazione ha girato pagina e ora quel sistema e quegli amici non ci sono più.
Personalmente non ho chiesto a nessuno di candidarsi né ho cercato un candidato “ideale”, ho solo auspicato, e lo faccio anche in questa occasione, che le candidature non siano di rottura, ma che interpretino con rispetto le varie sensibilità presenti dentro la cooperazione. Non vedrei uno scandalo se il consiglio di amministrazione non trovasse una candidato di larga condivisione prima dell’assemblea. Continueremo a raccogliere disponibilità, prima e dopo il 31 marzo, ma non ne facciamo un dramma perché questa è democrazia.
C’è ancora tempo per chi vuole salire sul treno. La corsa sarà impegnativa ma garantiamo condizioni uguali per tutti. Qualcuno ha detto che abbiamo il motore imballato, qualcun altro che siamo impantanati. Di questi tempi, mi verrebbe da dire con una battuta che è meglio così piuttosto che essere affogati. Ma non è questo lo spirito giusto per affrontare questa tornata di elezioni in federazione. Dobbiamo essere consapevoli ed orgogliosi di far parte di un sistema territoriale capace di esprimere numeri e valori ancora molto significativi per il Trentino. Possiamo fare di più e meglio, ma non facciamo l’errore di voler ripartire ogni volta da zero. Sarebbe ingiusto e controproducente.
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