Vertice in procura: Nas, Icqrf e De Angelis 

Primo confronto sull’enorme mole di documentazione raccolta. Attendendo gli esami dei laboratori



ROVERETO. Primo confronto (ma sicuramente non sarà l’ultimo) ieri mattina tra i vertici dei Nas e dell’Icqrf ed il procuratore Fabrizio De Angelis. Per fare il punto su una indagine che si annuncia complessa, laboriosissima e delicata. E quindi lunga, come logica conseguenza. Il materiale raccolto è impressionante. Si parla di un centinaio di “supporti informatici”, tra computer, hard disk , memorie esterne e chiavette, sequestrati in cantina ed a casa delle 22 persone sottoposte a perquisizione la mattina del blitz. Ma anche di una mole impressionante di materiale cartaceo: tutto quanto è stato possibile trovare sui movimenti di uva e di vino e sulle attività di cantina, arrivando fino agli attestati di conferimento consegnati ai soci. E poi ci sono i campioni raccolti dai quasi 350 contenitori (dalle botti tradizionali ai silos in acciaio fino alle vasche. Ognuno deve essere esaminato in due laboratori: quello di Conegliano Veneto per verificare la qualità del vino dal punto di vista strettamente chimico, a verificare eventuali adulterazioni. E poi quello di Catania, dove lavorando sugli isotopi dell’ossigeno di verificherà la provenienza dell’uva da cui il vino è stato ricavato. È un esame che sfrutta il fatto che gli atomi di ossigeno non sono tutti uguali: hanno un peso diverso a seconda del numero di neutroni che contengono. Questo permette di individuare almeno per macro aree la provenienza dell’uva, che dall’acqua ha assorbito l’ossigeno “tipico” della sua zona. Se per gli esami di Conegliano possono bastare un paio di settimane, per quelli di Catania è impossibile al momento fare anche solo previsioni. Per cominciare ad avere un quadro ragionevolmente chiaro, sia dal punto di vista di cosa sia successo in cantina dal punto di vista gestionale che da quello della produzione, ci vorrà tempo. «Almeno qualche mese», diceva ieri mattina il procuratore De Angelis. Aggiungendo però che il suo lavoro è ancora in una fase talmente embrionale che è difficile anche avanzare ipotesi su dove possa portare. Quello che tutti si augurano è che si possano escludere rapidamente almeno profili di adulterazione del vino o di truffe nella commercializzazione, perché quello potrebbe permettere al commissario di riavviare le attività di cantina, evitando uno stop nelle lavorazioni e nella commercializzazione che preoccupa moltissimo i soci. Sette milioni di litri di vino non si vendono in due mesi, ma in un anno. E il tempo perso non si recupera. Inoltre a quanto pare ci sono trattamenti continui da operare in cantina, senza i quali il vino rischia di deteriorarsi. Finché i fusti sono sigillati, non si può ovviamente toccare nulla. (l.m)













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