Whirlpool, nel futuro un’altra fabbrica
Più di 400 al ritrovo degli ex dipendenti. Emozione e ricordi. Olivi: «Tanti contatti, ma per ora non c’è un’offerta concreta»
TRENTO. C’erano più di 400 persone ieri mattina, nella sala mensa dell’ex Whirlpool, a Spini di Gardolo. Un ritrovo emozionante, tra coloro che hanno fatto parte, a vario titolo, della vita dell’azienda. Dalla sua fondazione nel 1970, sino allo scorso dicembre, quando anche gli ultimi magazzinieri hanno lasciato lo stabilimento, ora rimasto vuoto. Il presidente del consiglio provinciale, Bruno Dorigatti ha ricordato la Whirlpool per la sua importanza sociale, anche per le battaglie sindacali che qui si sono combattute, permettendo la «conquista di diritti» che ora sono nuovamente messi in discussione. Lo sguardo dei presenti non poteva che rivolgersi al passato: ai tanti anni trascorsi, come frammento di una medesima realtà professionale.
Persone che non si vedevano da tempo, di nuovo insieme, nello stesso luogo. Eppure ci si è concentrati anche sul futuro, sul destino, innanzitutto, dei quasi 450 lavoratori in cassa integrazione. E poi, più in generale, su ciò che sarà dello stabilimento di Spini, che ora è tornato in proprietà a Trentino sviluppo. «Questa iniziativa non è solo amarcord - ha detto ieri agli ex dipendenti Whirlpool l’assessore al lavoro Alessandro Olivi - state dando una scossa alle istituzioni, al mondo del sindacato e dell’economia, affinché non si dimentichino di voi. Quando chiude una fabbrica, tutta la comunità deve avvertire la responsabilità di riaprirla». E al posto della Whirlpool, ha aggiunto Olivi, lo stabilimento deve essere riutilizzato con un unico scopo: avere una (o più) attività manifatturiere, che possano ridare lavoro a chi lo ha perso. Dando così una risposta anche a Graziano Tomasin, ex dipendente ed organizzatore dell’evento di ieri, che aveva sottolineato «l’importanza dell’attività manifatturiera» per tutta la comunità trentina. «Per questo stabilimento abbiamo sentito anche ipotesi curiose», ha ribadito Olivi. «Io credo invece che dobbiamo tutti operare affinché qui torni la manifattura, e null'altro. Oggi c’è un’industria che può guardare al Trentino come un territorio ospitale nei confronti degli investimenti». Per ora non esiste, ha ammesso Olivi, una «possibilità concreta e immediata»: un’azienda che abbia già deciso di aprire nello stabilimento. «Esistono però tante relazioni che stiamo attivando in tutta Europa. Abbiamo contatti sul fronte del settore della meccanica, con aziende che gravitano intorno al comparto dell’automobile. Abbiamo anche colto segnali d’interesse da imprese che operano in Trentino e vogliono ristrutturarsi, e sono alla ricerca di nuovi spazi». Secondo Olivi - che ha definito la chiusura della Whirlpool come «la più grande ferita nell’economia del Trentino dagli anni Ottanta» - a Spini potrebbe sorgere in futuro una sorta di «condominio manifatturiero». Una filiera fatta da più aziende, con prodotti omogenei, che «possano dare un futuro ed una speranza a quelle persone che qui il lavoro lo hanno perso». In effetti erano in molti, ieri, i lavoratori che hanno vissuto sulla propria pelle la chiusura della Whirlpool. «È stato un colpo al cuore», raccontano Paolo Mellarini e Gregorio Nicolini. Per Maurizio Filippi è stata «una tragedia»: «Ho 39 anni e a quest’età non è facile rimettersi in gioco». Fra i presenti ieri anche il primissimo direttore dello stabilimento, Mario Negri, che ha lavorato nello stabilimento di Spini dal 1970 al 1977. «Spero di poter tornare fra qualche anno e trovare un’azienda che lavori, produca e riesca a ridare entusiasmo».