Vittime di violenze, solo il 25% denuncia
TRENTO. Gli ultimi dati dei reati compiuti in Trentino, aggiornati a marzo di quest’anno e diffusi lunedì dalla polizia in occasione della festa annuale, preoccupano soprattutto per quella voce degli ammonimenti.
Sono stati 238 dall’aprile del 2016 al marzo 2017 ed altri 71 riguardano atti persecutori e stalking. Il dato delle violenze contro le donne è di 597 denunce nel 2015. Per contrastarle, è stato introdotto l’ammonimento, una sanzione che può essere rivolta a chi denuncia violenze domestiche e per quei fenomeni che vanno sotto il termine stalking, come i comportamenti persecutori di pedinementi, mail, telefonate, appostamenti, non necessariamente atti criminosi. L’ammonimento scatta nel caso non sia già stata presentata querela e non si sia di fronte a reati procedibili d’ufficio, ovvero quelli che procurano lesioni con prognosi oltre i 20 giorni e quelli rivolti sui minori.
Chiediamo a Barbara Bastarelli, responsabile del Centro antiviolenza della provincia, un commento su questi dati.
Dal suo osservatorio, come valuta i dati diffusi dalla polizia sugli ammonimenti?
Certo, sono dati che preoccupano perché evidenziano quanto il fenomeno della violenza domestica e non solo, anche quello dello stalking, sia diffuso sia nella nostra provincia, come nel resto d’Italia.
Le denunce in Trentino sono le più alte d’Italia, ma questo sarebbe dovuto alla maggiore consapevolezza nelle donne di dire dare basta ai soprusi nella quattro mura. È così?
Io posso riportare i dati del Centro antiviolenza. Nell’ultimo anno abbiamo accolto 260 donne e di queste il 25 per cento ha deciso di sporgere denuncia. Che poi sia un ammonimento per violenze o per stalking, dipende. Noi accogliamo donne che all’80 per cento hanno subito violenze psicologiche, accompagnate al 70 per cento da violenze fisiche e nel 14 per cento dei casi sono vittime di stalking.
Quello che è certo, dai dati che ogni anno vengono diffusi in base alla rete che si è stabilita tra forze di polizia e procure di Trento e Rovereto, è che il 20 per cento di chi compie la violenza è partner della vittima e un altro 21 per cento è l’ex partner. È per questo che la percentuale di donne che denunciano è così bassa?
Noi lasciamo libertà alle donne di rivolgersi alle forze dell’ordine o di fare altri tipi di percorsi, perché la denuncia deve essere una decisione individuale. Quando i reati non sono procedibili d’ufficio, come quelli per lesioni sotto i 20 giorni di prognosi, sta alla vittima decidere se denunciare o meno la violenza. Se una donna viene picchiata più volte e di questo fatto vengono a conoscenza le forze dell’ordine, il reato acquista la codificazione di maltrattamento e questo è procedibile d’ufficio. Negli altri casi spetta solo alla donne decidere in autonomia.
L’ammonimento, in base alla vostra esperienza, è uno strumento efficace?
Dipende molto dai singoli casi. In certe situazioni è efficace nel breve e medio periodo per riuscire a fermare il partner, o chi per lui, da futuri comportamenti violenti. Si tratta di una misura amministrativa, attraverso la quale ci si rivolge all’interessato con un richiamo verbale: se uno la viola, parte la denuncia. Un suggerimento però andrebbe fatto alle forze dell’ordine.
E qual è?
Sarebbe opportuno che le forze di polizia si attivassero per effettuare studi longitudinali sull’efficacia di questi strumenti per vedere nel tempo se la situazione evolve in meglio o in peggio. Purtroppo le forze dell’ordine non prevedono questo tipo di analisi, perché c’è anche un problema di privacy da tutelare. Ma sarebbe utile per capire l’efficacia degli strumenti di cui dispongono e poter agire con più cognizione di causa per combattere il fenomeno della violenza domestica.
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