Viaggio nei canali trentini con i custodi delle piene  

Sono 29 idrovore per 170 chilometri di corsi, pronte a pompare l’acqua dell’Adige In azione le motobarche per tagliare canneti e alghe, ma tutelando i germani 


di Sandra Mattei


TRENTO. C’è un mondo parallelo a quello che abitualmente viviamo, disegnato dall’acqua e non dall’asfalto, che scorre nelle rogge sotto la nostra città e attraversa le campagne dell’asta dell’Adige, coltivate a vigneti e meli, in questi giorni nel pieno della raccolta. Ed è proprio un mondo che ci sfugge, ma che è essenziale tenere sotto controllo per garantire non solo raccolti di qualità, ma anche la sicurezza dei centri abitati. Parliamo di chi in Trentino si occupa della cura dei canali e delle rogge e che protegge dalle piene le campagne e le località che sorgono lungo l’asta dell’Adige. È il Consorzio Trentino di bonifica, nato nel 2009 dai tre enti che in passato avevano la competenza sull’asta atesina, del Fersina e della Piana Rotaliana.

L’Adige e l’impero austroungarico. Una storia, quella del Consorzio di bonifica che affonda nell’Ottocento, quando il Trentino apparteneva all’impero Austroungarico, ed era devastato da ricorrenti alluvioni, tra le quali la più disastrosa fu nel 1882. I lungimiranti amministratori austroungarici predisposero un piano per la sistemazione e l’arginatura del fiume Adige già dal 1825, che prevedeva la rettifica del suo percorso, riducendo la lunghezza e aumentando così la pendenza e di conseguenza la portata. Nel 1896, nacque il Consorzio, allora atesino, che è all’origine di quello attuale. Il Consorzio trentino, ente pubblico che ha le funzioni di tutela dei terreni agricoli dagli allagamenti e la protezione dei fabbricati, è nato come detto nel 2009, e si occupa di una superficie di 10 mila ettari di terreno che va dalla Piana Rotaliana al confine con l’Alto Adige fino a Borgo Sacco.

La rete di canali. Nelle campagne che ora abbondano di vigne cariche di grappoli di Teroldego e Pinot Grigio e di meli stracarichi di Golden e Stark, i canali per l’irrigazione sono tenuti sotto controllo dai dirigenti e dagli operai alle dipendenze del Consorzio trentino. Un viaggio, il nostro, in compagnia di Claudio Geat e da Giovanni Gentilini, rispettivamente direttore e vicedirettore dell’ente, che inizia dalla fossa di Caldaro, uno dei principali canali che attraversano le campagne della Rotaliana.

Lungo i canali, sono in attività alcuni operai che azionano delle motobarche e trattori con braccio meccanico che tagliano i canneti che crescono rigogliosi nei corsi d’acqua e lungo gli argini. Lo sfalcio dell’erba lungo i canali e delle alghe sul fondo, inizia a fine marzo e continua fino a novembre. È importante tenere puliti i letti di questa rete che si estende per 170 chilometri.

L’habitat per germani ed aironi. In questo paesaggio acquatico, che presenta delle vere e proprie paludi, vivono stanziali germani reali, aironi e ranocchi. E ci sono anche dei canali abbelliti da un’esplosione di ninfee gialle. Gli operai iniziano a tagliare i canneti solo dopo la nidificazione dei germani, per evitare di falciare i nidi e lasciano intatte delle piante a scacchiera, per mantenere il loro habitat ideale. La vegetazione viene tagliata due o tre volte l’anno, grazie alla dotazione di 3 motobarche (una quarta verrà acquistata a breve) e di 6 trattori.

Le 29 idrovore in azione. «Quest’anno la stagione estiva è stata secca - afferma Claudio Geat - quindi non ci sono state emergenze, ma negli ultimi anni abbiamo dovuto affrontare i cambiamenti climatici, con eventi piovosi molto intensi, che sono quelli da tenere sotto controllo per evitare lo straripamento dell’Adige e dei suoi affluenti, l’Avisio e il Fersina. Sono state le fortissime precipitazioni del 2000 e del 2002 a dare impulso a nuove opere di bonifica, visto che quelle esistenti si erano dimostrate insufficienti». Dal 2000 le idrovore che costellano i canali lungo l’asta dell’Adige sono passate 16 a 29 per una rete complessiva di 170 chilometri. «L’ultima, in ordine di tempo - spiega Geat - e quella di Vicinia, realizzata con una vite coclea, quella di Archimede. Impianti sono stati realizzati negli ultimi anni sia alla fossa di Piedicastello che alla fossa di Palù a Mattarello, quest’ultima dotata di tre pompe da 2500 litri al secondo. Ma l’idrovora più potente è quella di Grumo, che pompa 30 mila litri al secondo».

Il funzionamento delle idrovore. Ma come funziona il sistema di controllo delle piene? L’acqua dei canali e delle fosse, se il livello dell’Adige è normale, defluisce attraverso le paratie senza problemi. Le idrovore funzionano con sensori che segnalano se i canali non riescono più ad assorbire l’acqua, nel caso di piena dell’Adige. Allora per evitare che l’acqua dell’Adige risalga la fossa allagando le campagne, dapprima si chiudono le paratoie poste alla foce della fossa e quindi intervengono le idrovore che pompano l’acqua nel fiume. Una delle aree più delicate è quella della Rotaliana, perché il Noce nei secoli ha depositato materiale che si è trasformato in torba, e quindi è più soggetta ad allagamenti.

Le rogge in città. Anche Trento è attraversata da un sistema di rogge, da quella della Malvasia (che scorre dalla via omonima fino al parco di Melta), a quella delle Bettine (dal serpentone di via Maccani fino a via Lavisotto), dal Rio Scala (che passa sotto la chiesa di Sant’Apollinare) all’Adigetto. Per quest’ultimo, inquinato dai tempi in cui era in funzione la Sloi, fabbrica che produceva il piombo tetraetile, non è possibile effettuare il taglio delle alghe che lo infestano, perché c’è il rischio di movimentare le sostanze inquinanti. Anche per le altre rogge inquinate si attende ancora la bonifica, per la quale sono stati stanziati dalla Provincia 77 milioni.













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