Credito

Veneto Banca, danni anche per i trentini

Le azioni dell’istituto rischiano di diventare carta straccia: tra i soci Cassa centrale credito coop e Pvb



BOLZANO. Da Silvio Berlusconi alla famiglia Marcegaglia, leader mondiale nella trasformazione dell’acciaio, da Roberto Bettega, ex attaccante della Juve, a Luca Zaia, governatore del Veneto. Ma nella sterminata lista dei quasi 90 mila soci di Veneto Banca che rischiano di vedere le proprie azioni trasformate in carta straccia figurano anche le Acciaierie Valbruna spa e la controllata Pegaso spa, anche quest’ultima risulta avere la sede legale in via Volta 4. In base all’estratto dal registro delle imprese in data 20 dicembre 2015, Pegaso fa capo alla famiglia Amenduni, proprietaria dello stabilimento bolzanino delle Acciaierie. Le due società, in base ad una prima stima, rischiano di perdere circa 25 milioni di euro.

Tra i soci dell’Istituto di credito danneggiati risultano anche tredici bolzanini. Oltre a tre realtà trentine, pur con poche azioni: Cassa centrale credito cooperativo (900 azioni); Pvb fuel spa (3000 azioni), Sifà società italiana flotte (235); e alcune decine di privati.

Veneto Banca, che ha la sede principale a Montebelluna, ha distrutto in pochi mesi quindici anni di crescita impetuosa. Complessivamente l’istituto di credito avrebbe “bruciato” 3,6 miliardi di capitalizzazione tra il 18 aprile del 2015 (data dell’assemblea che ha dato la prima sforbiciata pesante al valore delle azioni, da 39,50 a 30,50 euro) e il 2 dicembre dello stesso anno (quando è stato fissato a 7,30 euro il valore del diritto di recesso, in attesa del valore reale post quotazione in Borsa). Ascesa e declino, guadagno e rovina dunque. È la classifica per numero di azioni, per portafoglio: una cordata eterogenea - fatta di imprenditori, piccoli risparmiatori, pensionati, colossi della finanza, politici - per una scalata che ora rischia di finire malissimo, con un valore di quotazione in Borsa lontano anni luce -in base ad un calcolo considerato molto ottimistico potrebbe essere intorno al 5% del valore originale - dal picco di 40,75 euro toccato nel 2013. La quotazione di Piazza affari si conoscerà soltanto nelle prossime settimane.

Dall’elenco dei soci, reso pubblico solo recentemente, risulta dunque che Pegaso possiede 342.373 azioni che, tre anni fa quando valevano 40,75 euro ciascuna, avevano un controvalore stimato in circa 14 milioni di euro, oggi il valore stimato potrebbe aggirarsi intorno ai 697 mila euro: che significherebbe una perdita di 13 milioni e 254 mila euro. Le Acciaierie risultano avere 319.770 azioni, controvalore - nel periodo d’oro ovvero tre anni fa - 13 milioni; oggi non varrebbero più di 651 mila euro: la perdita in questo caso sarebbe di 12 milioni e 379. Complessivamente significherebbe una batosta di 25 milioni e 633 mila euro.

C’è da dire però che l’entità della perdita dipende da quando il socio ha acquistato le azioni: per chi lo ha fatto nel momento di massimo splendore della banca, in pratica dal 2006 in poi, sono dolori. I soci storici invece, entrati a fine anni Novanta, dovrebbero cadere in piedi: adesso la mazzata è pesante, ma negli anni hanno visto incrementare il valore delle azioni (rimasto ovviamente teorico, se non sono state vendute) e hanno intascato dividenti più o meno elevati (fino a 72 centesimi per azione nel 2000). Tra i soci dell’Istituto di credito di Montebelluna c’ è anche Bruno Vespa che aveva otto milioni di euro in azioni, ma è uscito quasi indenne vendendo prima della crisi. Diciamo “quasi” perché in base all’ultimo elenco dei soci aggiornato a marzo di quest’anno, risulta avere ancora 28 mila azioni, per un valore che due anni fa superava il milione di euro, mentre oggi rischia di valere quanto un’utilitaria.













Scuola & Ricerca

In primo piano