Un anno da brivido con la grana vitalizi
La poltrona più comoda è diventata bollente con lo scandalo delle pensioni d’oro: dalle mediazioni alla battaglia con gli ex
TRENTO. Lo aveva candidamente ammesso più volte: «Mi aspettavo la poltrona più comoda. E invece guardate cosa mi è toccato...». Gliel’avevano detto in tanti, «Diego, la presidenza del consiglio regionale è la carica più tranquilla». E invece lo «tsunami vitalizi» gli era esploso in mano appena diventato presidente, forte dei suoi 4776 voti. E la sua poltrona da comoda era diventata improvvisamente bollente. Come un treno lanciato in corsa che nessuno può fermare.
Il caso scoppia sui giornali e in poche settimane diventa una bufera politica di dimensioni all’inizio inimmaginabili: la casta dei consiglieri torna sotto accusa per le pensioni d’oro, la protesta monta a Trento come a Bolzano, i cittadini infuriati occupano l’aula del consiglio provinciale, e poi l’inchiesta giudiziaria, la Guardia di Finanza che arriva negli uffici della Regione, la sua predecessora Rosa Thaler che finisce tra gli indagati.
Diego Moltrer Milordo è tra gli ultimi arrivati, eletto da poche settimane: all’inizio è spaesato, sono i governatori Rossi e Kompatscher a prendere in mano la patata bollente e annunciare il cambio di rotta: serve una riforma che tagli gli anticipi milionari ai consiglieri. In molti pensano che Moltrer non sarà in grado di gestire questa partita: troppo tecnica la materia, e lui manca di esperienza politica per mediare su un tema così spinoso.
Ma lui rivendica che di una riforma consiliare si tratta e che sarà il consiglio a cambiare la «legge vergogna». Si mette a studiare, nomina i consulenti del consiglio regionale, va e viene da Roma per parlare con i costituzionalisti e gli attuari. Diventa esperto di trattamenti pensionistici, tassi di sconto e speranza di vita. Alle prime riunioni dei capigruppo regionali la tensione si taglia con l’accetta, la vecchia guardia della Svp anche in ufficio di presidenza non vuole saperne di tagli corposi agli anticipi sui vitalizi.
Ma Milordo da Fierozzo ha capito dove tira il vento e cosa chiede la gente, quella che viene a chiedergli aiuto in ufficio alle 6.30 del martedì mattina, quando riceve in Regione. E così decide che la battaglia va fatta. Non a muso duro, ma con la concretezza del politico di valle. Incontra gli ex consiglieri, con loro non va subito allo scontro, tutt’altro. Quando i giornalisti gli chiedono i nomi vicino ai tagli alle attualizzazioni, lui fornisce solo le percentuali.
Media in ufficio di presidenza per trovare una soluzione che poi passi al vaglio dell’aula. Alle riunioni porta la «sua» treccia mochena per stemperare la tensione, la mette sul tavolo con il sorriso: «Mangiate, che Diego Moltrer non accetta un no alla treccia mochena». Ma quando le posizioni si irrigidiscono, e alla guida dell’Associazione degli ex sbarca il falco Pahl, Moltrer capisce di dover scegliere. E difende fino in fondo i tagli. Fino allo scontro finale, fino ai ricorsi dei giorni scorsi. «Sono sorpreso e amareggiato», aveva confessato una settimana fa di fronte alla raffica di atti di citazione. Aveva usato una parola semplice per descrivere il suo stato d’animo: «Sono un po’ triste». Gli ex lo hanno accusato di non aver rispettato la privacy per aver dato alla stampa i nomi dei ricorrenti. Lui ha risposto: «Sono fuori dalla realtà». Qualche suo ex compagno di partito non gli ha più perdonato la battaglia, ma ormai era troppo tardi. Milordo aveva da tempo deciso da che parte stare.
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