Trento Rise, cala la mannaia provinciale
Meno finanziamenti, nuova governance, controllo strettissimo. E una “mission” limitata al business per il territorio
TRENTO. Formalmente non si tratta di un commissariamento, ma nei fatti è forse addirittura qualcosa di più. Benché un po’ tutti, dall’assessore alla ricerca Sara Ferrari allo stesso presidente Ugo Rossi, si spendano nel dire che da parte della Provincia non si tratta di un disimpegno, che i finanziamenti non cesseranno dall’oggi al domani, che da parte dei soci (Università e Fondazione Kessler) le modifiche in arrivo sono condivise, addirittura con un certo entusiasmo. Fatto sta che su Trento Rise, la società compartecipata dalla Provincia impegnata nel settore dell’Ict, quella che sta per calare è una mannaia, in tutti i sensi: dalle risorse alla governance, dalla “mission” al controllo provinciale, destinato a diventare qualcosa di simile a una rete dalle maglie strettissime.
Tutto sta in una delibera approvata ieri dalla giunta, che ancora una volta (la terza, ma a questo punto si tratta dell’ultima) modifica la convenzione che lega Trento Rise alla Provincia. In termini netti, come peraltro Rossi aveva annunciato ancora in campagna elettorale. Partiamo dai soldi: che passano da 76 a 60 milioni di euro, come già previsto dall’assestamento di bilancio 2014. E i risparmi conseguenti consentiranno di riallocare le risorse non più assegnate a Trento Rise ad altri attori nel campo della ricerca, in primis proprio Fbk e ateneo. La convenzione durerà fino al 2018, e non sono previsti ulteriori prolungamenti: dopo quella data insomma addio Trento Rise.
La “mission”, si diceva: stop ad ogni attività nei settori della ricerca e della didattica, per evitare sovrapposizioni con l’operato dei suoi stessi soci, e finalizzazione di ogni sforzo in un’unica direzione, quella dell’innovazione in una chiave specifica, quella cioè relativa, testuale, «a iniziative in grado di generare nuove opportunità di business per il territorio, all’internazionalizzazione delle imprese innovative trentine e all’attrazione di fondi europei sull’innovazione», in particolare «a favore delle piccole e medie imprese locali».
Capitolo personale: è una diretta conseguenza del contenimento delle risorse di cui sopra. Il che non significa che da qui al 2018 verranno meno posti di lavoro (ad oggi sono circa un centinaio le persone che a vario titolo gravitano attorno a Trento Rise, con contratti a tempo determinato legati a progetti con precise scadenze), ma di certo non vi sarà alcuna prospettiva di una loro stabilizzazione.
Circa la governance, tutto lascia prevedere che il presidente Fausto Giunchiglia dovrà presto fare le valigie, a meno che non accetti di rimodulare il proprio approccio fortemente decisionale: la giunta infatti pensa a una figura di presidente di pressoché esclusivo valore istituzionale e rappresentativo, e al contrario un potenziamento del board della direzione generale. Per tutto questo servirà una complessiva revisione dello statuto, con un passaggio notarile che avverrà nel giro di pochi mesi.
«Quello che chiediamo è un rinnovamento della governance che sia coerente con la mission specifica di Trento Rise sui temi del business»: così Rossi e Ferrari, con quest’ultima che a precisa domanda circa il futuro di Giunchiglia si è limitata a un «vediamo» che la dice lunga. La ciliegina sulla torta è però costituita da un’altra misura contenuta nella delibera: anche Trento Rise dovrà in futuro sottoporre il proprio Piano strategico al parere del Comitato tecnico scientifico della Provincia.
Non solo: il provvedimento della giunta si articola anche in un documento che elenca precise direttive per la società, affinché il suo operato «sia del tutto coerente con il piano di sviluppo provinciale». «Con questo provvedimento si ridefinisce, coerentemente agli obiettivi in materia di programmazione sulla ricerca e sull’innovazione, il ruolo di Trento Rise come soggetto al servizio del sistema produttivo e di quello della ricerca», riassume il tutto l’assessore Ferrari. Al suo fianco, un Rossi visibilmente soddisfatto: un altro pezzo della Provincia “modello Delai” è così sistemato. ©RIPRODUZIONE RISERVATA