Trento: la nuova biblioteca di Bottavanto dell'Università, temuta la città

L’Università si allarga troppo, sbilancia la città, quell’ateneo è ingordo, si pavoneggia, chiama Botta e si crea la cattedrale. E la città rischia il collasso


Paolo Mantovan


TRENTO. Quanto cresce quest’Università? E quanto ne gode la città di Trento? Fino a poco tempo fa sembrava una scalata in coppia, a braccetto: più bella tu più bella io. Adesso invece Trento scopre che c’è un punto limite: l’Università si allarga troppo, sbilancia la città, quell’ateneo è ingordo, si pavoneggia, chiama Botta e si crea la cattedrale. E la città rischia il collasso.
Il punto limite si chiama Biblioteca. Eppure, sulla carta, è un’opera bellissima.
Seduce l’idea di quel palazzo a forma di «libro aperto» sulla cultura e sugli occhi dei cittadini, e gonfia il petto la prospettiva di avere un grande Viale dell’Università. Ormai è quasi tutto compiuto: su via Verdi c’è la storica e fondatrice Sociologia, c’è Economia, c’è Giurisprudenza, c’è il Molino Vittoria (sede amministrativa), in via Belenzani c’è il rettorato e, a fianco di via Verdi, in via Tomaso Gar, si sta sviluppando il cantiere e l’edificio (tutto vetro e latta) della futura facoltà di Lettere. Senza parlare delle grandi sedi in collina. Manca solo la Biblioteca, la Super-Biblioteca disegnata dall’archistar Mario Botta (quello del Mart). Con quell’opera la pluridecorata Università di Trento completerebbe se stessa. E metterebbe la corona.
Vista dall’Università la Biblioteca è davvero la cattedrale, anzi, il Tempio del sapere. Trecentomila volumi a scaffale, tutti i tesori di Lettere, Sociologia, Giurisprudenza ed Economia, radunati: diventerebbe la quarta biblioteca d’Europa. E poi impianti audio-video, centro conferenze hi-tech, piazza per autocelebrarsi, per divenire il cuore della città. E forse per vivere in completa autonomia.
Il Comune guarda e non sa più che sentimento avere. Il figlio di questa città sta crescendo troppo. Gli infila un edificio di 31,5 metri (anzi, in corrispondenza del lucernario raggiungerà i 35 metri), più alto del Duomo.
L’architetto Botta per la verità non voleva salire così in alto, ma i tecnici dell’Università lo hanno fatto ammonito: «Non penserà, esimio professore, che i libri possano stare sottoterra? Lì c’è l’Adige, può esondare da un momento all’altro: prego, salga di un piano e faccia sedere lì i nostri volumi». Fu così che il palazzo dei sogni cominciò a trasformarsi in «mostro». E il Comune s’arrabbiò (35,3 metri anziché 27, che già erano ampiamenti in deroga).
Ma non è neppure l’altezza il vero problema. Il punto dello scontro (dichiarato a mezza voce) sono i parcheggi. Alla fine il progetto della Biblioteca nasconde sottoterra (pur scendendo di ben dieci metri) soltanto due piani di parcheggi. E l’ateneo ha fatto i conti: quei posti macchina bastano solo per il personale dell’Università. Eh no, miei cari, «s-botta» il Comune, «il protocollo d’intesa (a firma Egidi-Pacher nel 2000) mette nero su bianco che il Comune avrà a disposizione tanti parcheggi quanti ne ha ora nel piazzale Sanseverino che vi cediamo. O trovate la soluzione, oppure non se ne fa nulla». Gli uomini dell’università tornano negli uffici del Sapere e provano a fare di conto, ma i conti non tornano: i parcheggi restano sempre gli stessi. Che fare? Tutto si blocca.
Possibile che il Grande Tempio sia fermo a causa di duecento volgari posti macchina? Diciamo che quei parcheggi sono la leva più semplice per tener fermo - per ora - il «mostro». Ma la vera preoccupazione è un’altra.
Come cambierà la città con quel palazzo? Ancora non si è detto che nel progetto, oltre ai nove piani di «enciclopedia del sapere», è previsto anche un nuovo sottopasso della ferrovia, a sud del piazzale Sanseverino, parallelo a via Verdi, che costruisca un percorso a ridosso del retro di Sociologia, di Economia e del Molino Vittoria per servire il fiume di studenti. E poi un’altra strada pedonale in fregio alla ferrovia per convogliare un’altra parte di studenti, quelli di Lettere, verso la «Torre del sapere». Perché gli studenti, in un’ora buca di lezione, che fanno secondo voi? Vanno in Biblioteca. Perché lì ci sono anche gli altri studenti, ci sono le attività, i bar, perché lì c’è il giro, perché lì ci sono i libri, perché lì puoi fermarti a studiare. Perché lì, in definitiva, c’è il centro della vita. E anche una grande e magnificente piazza, davanti all’atrio, che potrà tenere fino a tremila persone. E una scalinata a gradoni che proteggerà dal rumore dei treni e darà un effetto anfiteatro. E ci saranno i turisti che guarderanno l’opera magnifica di Botta. E ci saranno gli uomini d’affari e tutti i ciclisti della green economy che dovranno transitare tra il centro della città e la nuova area Michelin. E ci saranno le banche, e i ristoranti saranno lì.
Il Comune fa due conti: non c’è posto per le macchine, mi tolgono pure altri spazi, e lì rischiano di muoversi diecimila persone, di concentrarsi tutte lì attorno, con un traffico a jo-jo da tutte le facoltà, con un pendolo fra Duomo-Biblioteca-Muse di proporzioni mai viste. La città si sposta, l’Università sta realizzando una nuova città. La sua città.
D’altronde Mario Botta, nel suo progetto-pamphlet è molto chiaro. «La Bibiloteca sarà in pietra rosso Trento, un angolo aperto sulla città, e costruirà un dialogo a distanza con il Duomo».
Il dialogo per ora sembra interrotto.













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