Trento: l'auto di lusso? Si può se paga papà
La commissione tributaria accoglie il ricorso di un trentenne contro l'accertamento: a mettere i soldi era stato il genitore
TRENTO. L'auto di lusso da una parte e un reddito decisamente modesto dall'altra, avevano fatto alzare le antenne al fisco aveva deciso di effettuare un accertamento del reddito. Decisione contro la quale era stato presentato un ricorso accettato dalla commissione tributaria provinciale. Insomma l'auto di lusso è giustificata anche se si ha un reddito basso specialmente, come in questo caso, se a pagare è papà. La storia riguarda un trentottenne trentino che ha a suo nome un'auto di lusso nonostante il reddito dichiarato fosse di quelli modesti. Il dubbio del fisco era quindi che avesse entrare non dichiarate che gli permettevano non solo di mettere sul piatto migliaia di euro per la sua macchina ma anche di provvedere alle varie spese, dall'assicurazione al bollo e via dicendo. A quanto pare, però, non c'era nessun «nero» ma il denaro necessario era arrivato direttamente dal padre del quasi quarantenne. Padre che, da affermato professionista, dispone di un reddito particolarmente significativo, destinato a mantenere l'intero nucleo. Questo aspetto non sembrava scontato per il fisco che aveva ritenuto che l'intestazione dell'auto, in assenza di una prova dei passaggi di denaro dal padre al figlio destinati all'acquisto e alla cura dell'auto, fosse sufficiente a legittimare l'accertamento redditometrico. La contestazione del maggior reddito si basava quindi sia sull'investimento patrimoniale riferito all'acquisto della macchina di lusso (comma 5 dell'articolo 38 del Dpr 600/73), sia in relazione alle spese di mantenimento della stessa (comma 4 dell'articolo 38). I giudici trentini, però, hanno accolto il ricorso del contribuente. Dopo avere constatato come sia stato documentato che l'uomo risiede con la famiglia, affermano che il «rapporto di convivenza con il padre induce a valutare che il ricorrente abbia beneficiato dei redditi personali dello stesso». A giudizio della commissione tributaria, la richiesta della «prova» documentale della messa a disposizione da parte del padre a favore del figlio del denaro necessario per l'acquisto del veicolo e ancor di più per il mantenimento dello stesso, non è necessaria, data la ragionevolezza della prova contraria offerta dal contribuente. Un'affermazione di particolare interesse anche alla luce della prassi talvolta utilizzata dagli uffici che, facendo riferimento a quanto affermato dalla Cassazione in una sentenza del 2009, chiedono spesso ai contribuenti nell'ambito degli accertamenti redditometrici la prova contraria nella dimostrazione della tracciabilità dei flussi finanziari che in moltissimi casi - come nella vicenda in esame - è impossibile da produrre. Infine i giudici della commissione hanno sottolineato come non fosse stato sostenuto e dimostrato che il trentenne «abbia svolto qualche attività lavorativa dalla quale possa avere tratto redditi non dichiarati essendosi limitato a valorizzare le risultanze del redditometro».
© RIPRODUZIONE RISERVATA