il processo

Trent'anni di carcere per Ciccolini

L'avvocato veronese condannato per l'omicidio della sua ex compagna in val Rendena



TRENTO. Condannato a trent'anni per l'omicidio della ex fidanzata accoltellata in Trentino e portata in auto, ormai senza vita, nel garage di casa a Verona. Si è chiuso così a Trento, assente l'imputato, il processo con rito abbreviato per l'avvocato veronese Vittorio Ciccolini, di 46 anni, per la morte di Lucia Bellucci, 31enne, uccisa nell'agosto del 2013. Originaria di Pergola (Pesaro Urbino), aveva accettato un incontro chiarificatore col suo ex il 9 agosto, a Spiazzo Rendena. Era vicino alla località, Pinzolo, dove la donna avrebbe dovuto prendere servizio proprio in quei giorni in un centro benessere. Da allora era scomparsa, fino al ritrovamento a Verona, tre giorni dopo, nel garage dell'uomo che non aveva mai accettato la fine di quel rapporto sentimentale.

Per Ciccolini il Tribunale di Trento oggi ha sentenziato anche l'interdizione dai pubblici uffici e risarcimenti danni per il padre e la madre di Lucia, Giuseppe e Maria Pia, per il fratello e la sorella della donna assassinata, Carlo ed Elisa, per il marito separato della Bellucci e per il suo compagno dell'epoca dell'omicidio. Risarcimento escluso invece per l'associazione anti-femminicidio Isolina, ma solo perchè ritenuto da decidere in separata sede con giudizio civile. Le motivazioni sono attese entro 40 giorni.

«Ho apprezzato la rapidità con cui è stata emessa la sentenza - ha commentato il legale della famiglia Bellucci, Giuseppe Grandi - con un dispositivo che la famiglia prende in positivo, pur nel dramma totale di un simile caso». «Non lo odio per rispetto di mia figlia che l'ha amato, ma gli ho portato una foto di Lucia perchè lei è sotto terra e lui deve restare in carcere e pregare tutti i giorni per lei», ha detto la mamma di Lucia Bellucci, Maria Pia, dopo la sentenza.

«Non abbiamo sentimenti di odio o di vendetta - ha aggiunto il padre Giuseppe - ma ci premeva una condanna esemplare che riabilitasse la figura di Lucia. In questi casi infatti si tenta di tutto per infangare la memoria della vittima. Il giudice è stato giusto - ha proseguito il papà - stabilendo una pena che è quella che ci aspettavamo visto il rito abbreviato e dunque l'impossibilità dell'ergastolo. In parte lenisce il dolore, che non si può descrivere, rievocato in questi momenti».

«Credo che anche la compostezza dei familiari - ha commentato l'avvocato Giulia Bongiorno, che aveva accettato con la propria associazione "Doppia difesa" l'incarico di seguire nella vicenda giudiziaria la famiglia della vittima - documenti come si tratti di una vicenda drammatica in cui non ci sono vincitori nè vinti. La condanna segna comunque un momento di giustizia e ritengo il tipo di pena adeguato, nonostante i tentativi legittimi della difesa di arrivare a una soluzione diversa, tra cui c'era stata quella dell'incapacità d'intendere e di volere per l'imputato». «Il giudice - ha aggiunto Bongiorno - ha emesso la sentenza con grande lucidità, dando atto della gravità dei fatti. Non esultiamo, perchè in questi casi non si esulta, ma un pò di giustizia è importante: questa sentenza dice che lo Stato italiano non accetta la violenza contro le donne. E "Doppia difesa" è accanto alle donne in questa battaglia, in cui una pena adeguata è uno dei tanti piccoli tasselli».













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