Sloi, lotta con l'amianto per demolire

Tempi raddoppiati. Ancora in piedi i capannoni inquinati dal piombo


Chiara Bert


TRENTO. L'amianto della Sloi finisce nei sacchi. Decine di sacchi a doppia isolazione, allineati sulla spianata dell'ex fabbrica di Trento Nord, pronti ad essere portati altrove per essere smaltiti. La lotta per rimuovere l'amianto rallenta i lavori di demolizione: serviranno due anni, invece di uno, per radere tutto al suolo. Finora sono stati abbattuti gli edifici «puliti», restano in piedi quelli contaminati dal micidiale piombo organico. Il sole, il cielo blu e il caldo primaverile stridono con l'enorme scheletro dell'ex reattore, con i tetti sventrati dei capannoni, i sacchi di amianto, i cumuli di macerie. In quella che ormai è quasi una spianata tra via Maccani e via Brennero, tutto rimanda alla fabbrica della morte. La bomba ecologica è nei muri contaminati dal piombo tetraetile che qui è stato prodotto per decenni, utilizzato come detonante da aggiungere alla benzina degli aerei da guerra. Fino al 14 luglio del 1978, quando un incendio scoppiato nel deposito, a causa della pioggia che mandò in fiamme il sodio, rischiò di provocare una catastrofe ambientale, e la Sloi venne chiusa per sempre con un'ordinanza del sindaco. A 34 anni di distanza Trento Nord fa i conti con un inquinamento che ha pochi raffronti nel mondo. I terreni della Sloi e della Carbochimica, dove si sono sedimentati piombo organico e idrocarburi, sono classificati tra i siti inquinati di valenza nazionale. La demolizione dello stabilimento è il primo passo verso una difficilissima bonifica che presenta ancora tanti punti di domanda. I lavori, appaltati all'impresa Uez, sono cominciati il primo gennaio 2011 e sarebbero dovuti durare un anno. Oggi la previsione - se tutto andrà per il verso giusto - è di impiegarne uno in più, i tempi si sono allungati perché prima di abbattere è assolutamente necessario bonificare gli edifici dall'amianto, intervento affidato alla cooperativa La Cicogna.Il progetto di demolizione, presentato dai privati proprietari dell'area, è stato messo a punto in stretta collaborazione con i responsabili del Progetto speciale per Trento Nord della Provincia. Il cantiere procede, protetto dai muri di cinta e dalle cancellate, impenetrabile perfino agli occhi di chi ogni giorno ci passa davanti percorrendo via Maccani. Ieri ci siamo entrati, accompagnati dall'ingegner Gabriele Rampanelli, che da anni segue la vicenda di Trento Nord, da Giovanni Gatti, neo dirigente del Servizio gestione impianti della Provincia, e dal direttore dei lavori Stefano Visioli. Varcato il cancello, colpiscono i cumuli di macerie. Uno per ogni edificio demolito: «Lasciato ognuno dov'era, senza mescolarsi con gli altri, per analizzarne il materiale prima di avviarlo allo smaltimento», spiega Rampanelli.Fino ad ora le analisi stanno confermando quello che il piano di caratterizzazione aveva previsto: gli edifici contaminati dal piombo organico sversato sono quelli che si pensava. Il reattore, dove arrivavano direttamente i treni con il sodio metallico e i lingotti di piombo che poi venivano fusi in una lega. Il reparto miscela, dove veniva aggiunto il gasolio. La fonderia siderurgica, che conteneva le vasche di sodio. Il capannone di stoccaggio da cui partì il pauroso incendio del'78. Le ruspe hanno invece già raso al suolo i capannoni «puliti», il laboratorio chimico, la cabina elettrica, la mensa, l'infermeria, gli spogliatoi. Resta in piedi la torre dell'acqua, che svetta visibile anche dalla tangenziale: il serbatoio è risultato impregnato di piombo, sono stati i vecchi operai della Sloi a mettere in allerta i tecnici. Furono loro, mentre si facevano la doccia, ad accorgersi dall'odore che l'acqua pompata era inquinata dalle lavorazioni della fabbrica. I dirigenti della fabbrica costruirono un nuovo pozzo più a nord, per pompare acqua pulita mentre a valle continuavano ad inquinare. Ma prima di pensare al piombo bisogna eliminare l'amianto. Un lavoro pericoloso e lento, che viene fatto a mano, bagnando uno ad uno i pezzi che si sbriciolano e finiscono nei sacchi. Gli addetti operano in atmosfera sigillata, protetti dalle tute integrali e dalle maschere. Una doccia ogni volta che entrano o escono dall'area «isolata». Gli aspiratori e i filtri in funzione 24 ore su 24, costantemente monitorati. Due ispettori dell'Azienda sanitaria, Ermanno Dossi e Alessandro Pedrotti, vengono qui almeno una volta a settimana, e certificano la bonifica. Si andrà avanti così, fino all'ultimo mattone, all'ultimo capannone. Poi comincerà l'altra sfida, ancora più insidiosa, del piombo tetraetile. Una strada in salita, per liberare la Sloi e riportarla in vita, anche se nessuno può dire quando.

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