Rovereto, bara davanti alla concessionaria: "Il Fisco ci uccide"
Singolare protesta di due imprenditori contro la multa da 8 milioni di euro
ROVERETO. Una bara e un mazzo di fiori gialli: eccolo, il simbolo del “de profundis” della loro ditta. Alla quale il fisco chiede la bellezza di otto milioni di euro. Una maximulta per presunte evasioni fiscali che «porterà alla condanna a morte della nostra azienda, delle nostre famiglie e quelle dei nostri dipendenti, pur avendo svolto il nostro lavoro onestamente e con serietà» affermano Rolando Gerola e Stefano Nucida, titolari de “L’Automobile Due”.
Chi è passato sulla statale non ha potuto notare la lunga teoria di lenzuola che copriva tutta la cancellata della ditta che commercializza automobili. «Viviamo oppressi dal terrorismo fiscale», «Basta abusi di potere contro i contribuienti onesti», «Trentino davvero isola felice? Tutti gli italiani devno saperlo»: questo il tenore dei messaggi.
«Sia ben chiaro che non siamo contro i controlli e le ispezioni - affermano Gerola e Nucida - ma non possiamo nemmeno essere trattati come i peggiori contribuenti su questa terra». E così hanno pensato ad una forma di protesta eclatante che, «se non poterà ad ottenere risposte immediate», sfocerà nello sciopero della fame.
«L’Automobile Due» dal novembre 2006 a giugno 2008 è stata oggetto di un accertamento da parte della Guardia di Finanza nell’ambito di controlli e verifiche inerenti al commercio di vetture di importazioni. «La contabilità, i pagamenti, il personale, l’officina e tutto ciò che concerne la parte amministrativa per gli anni sottoposti ad accertamento - affermano i titolari - sono sempre risultati essere totalmente in regola».
La ditta negli anni contestati (dal 2003 al 2006) ha acquistato da importatori italiani automobili che arrivano dall’estero. E nei confronti di alcuni importatori dai quali si serviva «Automobile Due» la Guardia di Finanza ha contestato la sussistenza di operazioni inesistenti che hanno «invece fornito a noi le autovetture, rilasciato regolari fatture con pagamento dell’importo comprensivo dell’Iva e per ognuna di tali operazioni. Vi è stata poi l’effettiva rivendita dell’automezzo al cliente finale con addebito dell’Iva. Da questo punto di vista - precisano Gerola e Nucida - le nostre operazioni sono tutte perfettamente esistenti con regolare pagamento dell’Iva da parte della nostra azienda, accertato, tra l’altro dalla stessa Guardia di Finanza».
Operazioni che «non rappresentano alcuna anomalia sotto il profilo fiscale e tributario» tanto è che la Finanza ha potuto verificare che «solo 7 fornitori nell’arco di 4 anni e su 128 totali, sono risultati coinvolti o in frodi carosello (ipotesi di reato per la quale sono sotto processo Gerola e Nucida ndr) davanti ad altre Procure oppure evasori totali». In merito poi alla documentazione richiesta i due titolari della ditta ribadiscono di aver ottemperato a tutte le disposizioni tanto che «tutte le operazioni al momento dell’immatricolazione erano verficate dalla Motorizzazione civile».
«In quale modo potevamo noi verificare la non veridicità dellea dichiarazione sostitutiva di atto notorio? Nessuno - rispondono Gerola e Nucida - Così come non potevamo avere poteri di controllo e di indagine per verificare che l’Iva da noi pagata fosse poi concretamente versata allo Stato. Il risultato di tutto ciò è una “sentenza” dell’Agenzia delle entrate che ci chiede 8 milioni».
Una situazione paradossale, affermano i due titolari, nella quale si trovano altre ditte in Trentino la Trento Car srl di Bruno Scoz e la Spazio Auto srl di Lavis di Aurelio Michelon. «Quello che non riusciamo a capire è l’accanimento da parte dell’Agenzia per le entrate nei confronti di cittadini onesti che svolgono il proprio lavoro. E come noi sono sono tanti i vessati dal fisco ai quali abbiamo chiesto di firmare, e lo hanno fatto davvero in molti, per denunciare queste vergogne» concludono Gerola e Nucida.