Rifiuti, la beffa della bio-plastica: «Non buttatela nell’organico» 

Differenziata. Appello dei responsabili di Bioenergia Trentino e della Eco Center di Bolzano, le due società che lavorano i rifiuti raccolti: «I nuovi materiali come sacchetti, piatti o bicchieri sono biodegradabili ma non compostabili. Stanno rendendo impura la nostra raccolta»


Luca Petermaier


Trento. Il nemico numero uno del governo giallorosso è stato individuato, si chiama plastica e - stando all’attuale formulazione della manovra di bilancio nazionale - le aziende che la producono verranno tassate: 1 euro al chilo. A compensare la batosta sono stati messi in campo incentivi per la riconversione alla produzione di “bio-plastica”, un materiale che le famiglie italiane già cominciano a conoscere e che presto avrà un boom. Di cosa si tratta? Di prodotti creati partendo da materie prime vegetali e che pertanto sono biodegradabili, ma che non hanno la caratteristica di essere anche compostabili. Detto in parole povere: se buttate nel bosco un piatto, un sacchetto della verdura o una forchetta di bio-plastica con la scritta “biodegradabile”, questi oggetti prima o poi si decomporranno (la plastica no). e questo è un bene per la natura. il problema è che oggi il marketing sta facendo passare come “compostabili” questi prodotti che compostabili non sono affatto. col risultato che negli impianti di raccolta dell’umido di trentino e alto adige stanno finendo sempre più rifiuti impuri, gettati dai cittadini (in totale buona fede) nel sacchetto dell’umido, ma che lì dentro non ci devono andare. i dati certificano le preoccupazioni: fino all’anno scorso l’impurità del rifiuto umido raccolto in trentino si aggirava intorno al 3%, quasi perfetto. oggi ci avviciniamo al 10%, cioè stiamo peggiorando.

Il dato inizia ad allarmare i responsabili di bioenergia trentino e di eco center bolzano che ogni giorno assistono impotenti alla “contaminazione” dei mastelli dell’organico che finiscono nei loro impianti (cadino e lana): «sacchetti della verdura, borse della spesa, confezioni di surgelati, piatti e forchette. oggi è tutto “biodegradabile” - dicono i tecnici degli impianti regionali - ma non per questo il materiale va gettato nell’umido. e il motivo è semplice: perché non riusciamo a lavorarlo. il tempo di trasformazione del prodotto “umido” standard è 23 giorni, queste bio plastiche, invece, impiegano mesi se non anni per trasformarsi. tempi non compatibili con le lavorazioni dei nostri impianti super tecnologici. e se non si decompone, il materiale continua a girare nell’impianto stesso per anni col rischio di intasare tutto».

E attenzione, dicono sempre i tecnici, che l’allarme non riguarda più solo i nuovi sacchetti della verdura o le borse della spesa. «quelli sono il problema minore - assicura andrea ventura di bioenergia trentino - perché ormai nei rifiuti organici troviamo piatti, forchette, contenitori di gelati, perfino deodoranti. tutto gettato lì perché c’è scritto “biodegradabile”». e la beffa maggiore è che si sta convertendo alla bio-plastica anche la grande utenza, cioè mense, catering, feste e sagre: tutti in buona fede e tutti a utilizzare piatti di “carta” che di carta non sono e che poi finiscono a intasare gli impianti.

Ma allora dove va gettata tutta questa roba? andrebbe messa nel sacchetto del residuo. sì, avete capito bene: nel residuo, indirizzata all’inceneritore per essere bruciata, altro che compost. la soluzione quindi è: non cambiare le proprie abitudini nella raccolta dei rifiuti, non lasciarsi sedurre dalle sirene della “bio-plastica”. nell’umido ci vanno solo i resti di cibo.













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