Renzi sferza il Pd «Basta con le correnti»

Sala della Cooperazione strapiena (800 persone) per il sindaco di Firenze «Trentino modello. Ci si divide sulle idee, non sulla fedeltà ai leader»


di Chiara Bert


TRENTO. «Le prime da rottamare sono le correnti. Ci si divide sulle idee non sulla fedeltà a un leader». Il messaggio di Matteo Renzi da Trento arriva forte e chiaro e sembra parlare dritto a quel Pd trentino che da anni si divide in fazioni, kessleriani e pacheriani, e poi zeniani, pinteriani, nicolettiani, oliviani, a seconda delle epoche e delle campagne elettorali. Divisioni interne che hanno portato fino alla sconfitta dei Democratici alle primarie per la presidenza della Provincia.

Il sindaco di Firenze e candidato alla segreteria del Pd è stato accolto ieri in una sala della Cooperazione stracolma di gente: i 550 posti esauriti già mezz’ora prima dell’inizio dell’incontro, altre 200 persone che premono per entrare, protestano di fronte ai veti della sicurezza e alla fine ce la fanno, con Renzi che chiede di aprire le porte. Il sindaco, in completo scuro e cravatta chiara, arriva da Bolzano (dove ha parlato al Rainerum e dove ha pranzato anche con Luca Zeni e Andrea Miorandi) e viene accolto così dal coordinatore del Pd Italo Gilmozzi: «Tutti ci chiedono unità e rinnovamento». I candidati - renziani della prima e dell’ultim’ora - gli si fiondano addosso. Lui parla per 40 minuti scarsi, con la gente assiepata sotto palco che lo applaudirà parecchie volte. Un discorso che ricalca in molti passaggi quello con cui, sabato, ha inaugurato la sua campagna per la segreteria Pd.

Renzi parla di «un’Italia ferma, che in vent’anni non ha affrontato e risolto i suoi problemi, ha solo rinviato», dove la disoccupazione in 7 anni è raddoppiata, dove la burocrazia blocca le imprese. E di un’«Europa incompiuta, fatta troppo spesso solo dai tecnocrati e dalle banche, dimenticandosi dei popoli». «Il Partito democratico - incalza - oggi festeggia il suo sesto compleanno e se a 6 anni non cammina è un bambino un po’ lento». Battute, applauso. E tuttavia per Renzi il Pd resta «la grande speranza di questo Paese che deve avere il coraggio di non rinviare più le scelte». Lavoro, scuola: «La prima cosa che faremo dopo il congresso è una gigantesca campagna di ascolto degli insegnanti, solo con la scuola si tira fuori il Paese dalla crisi». Poi torna sul tema caldo dell’amnistia, rispondendo a chi lo accusa di cavalcare gli umori dell’elettorato: «So che c’è una questione grave delle carceri, ma a 6 anni dall’ultimo indulto non si può proporne un altro. Tra sei mesi sarà tutto come prima, bisogna cambiare le leggi, la Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle droghe».

Per cambiare l’Italia, incalza, il Pd deve innanzitutto guardarsi dai problemi interni, che si chiamano «correnti», a Roma come in Trentino. «Le prime da rottamare», tuona il sindaco rottamatore davanti ai candidati Pd seduti in prima fila. «Io sono uno che ama discutere e anche litigare, ma non ti dividi sulla base dell’appartenenza o della fedeltà a un leader, ti dividi sulle idee». In sala scatta un altro applauso, quasi liberatorio, del popolo Pd. Renzi non molla la presa, ci scherza: «I renziani? Sono una malattia».

Il sindaco cita le elezioni trentine: «Vi invidio perché il 27 ottobre potete votare. Le ultime amministrative le abbiamo vinte in retromarcia, abbiamo perso meno degli altri. Qui c’è bisogno di un grande risultato del Pd mettendosi alle spalle le cose che non hanno funzionato (qualcuno gli avrà evidentemente raccontato le ultime vicende pre e post primarie, ndr) e spalancando le porte». Ai delusi del centrodestra («Meglio prendere i loro voti che dover governare con Brunetta», è il refrain), ma anche a chi ha votato 5 Stelle perché voleva il cambiamento («Questa scommessa Grillo l’ha persa») e ai delusi del Pd.

Del Trentino Renzi dice che «è un modello, una terra straordinaria dove la qualità della vita e il tessuto economico e civile costituiscono un punto di riferimento». «Certo non è immune dalla crisi del sistema-Paese e c’è bisogno di non accontentarsi, per questo spero che il Pd abbia la forza di mostrare il volto più bello, non quello dei litigi ma dei candidati che casa per casa provano a cambiare le cose». Risponde anche sull’autonomia integrale: «I problemi della finanza nazionale hanno portato a scontri anche molto accesi con le Regioni autonome. Serve un federalismo molto più forte, non a parole». Sul centrosinistra autonomista si dice convinto che il 27 ottobre «esprimerà il futuro presidente della Provincia», ma - aggiunge - «è importante che il Pd sia forte e parli dei temi concreti». Poi il sindaco scappa via, direzione Verona, la (sua) campagna elettorale non si ferma. Esce sommerso dai fan che lo acclamano e gli chiedono foto, soprattutto signore pensionate «Matteo, dal vivo sei ancora più bello». La sua corsa per le primarie dell’8 dicembre pare lanciatissima, fare il segretario del Pd - dopo - sarà tutta un’altra partita.

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