Procura di Trento: Dragone lascia la guida a fine mese
Il procuratore capo di Trento, Stefano Dragone lascia l'incarico con fine mese, ai 75 anni d'età e entrando ormai nell'ottavo anno d'attività
TRENTO. Un controllo sociale tanto elevato quanto alto è il senso di legalità, al punto di sfociare in una litigiosità difficile da sostenete a livello burocratico: è tra gli aspetti del Trentino sottolineati dal procuratore capo di Trento, Stefano Dragone, che lascia l'incarico con fine mese, ai 75 anni d'età e entrando ormai nell'ottavo anno d'attività, giunto a Trento nel settembre del 2003. Dragone descrive "la Provincia autonoma come una macchina pubblica che nel complesso funziona bene, e ho molto apprezzato - dice - la ricchezza del volontariato, anche come strumento per combattere il disagio sociale nelle zone più isolate. Quanto ai tempi della giustizia - spiega - restano fisiologici e ottimali, pure con la carenza di amministrativi già nota, unico neo. Gli avvocati sanno che i processi si fanno e spesso si patteggia". Si dice convinto che il Trentino non sia un territorio dove le infiltrazioni della ndrangheta o di stampo mafioso in generale possano essere particolarmente favorite, così come del fatto che la microcrimnalità e la criminalità siano a bassi livelli, tanto che ricorda un un'unica rapina irrisolta. Dalle recenti indagini in materia d'inquinamento ambientale trova una sorta di raccomandazione da lasciare alla Provincia autonoma, quella di "realizzare nel concreto una funzione di coordinamento, con Procura, Nas e altri servizi dello Stato, senza pretendere di fare da sè, perché - sostiene - la verifica di certi episodi criminosi è troppo onerosa per l'ente provinciale e rischia di emergere una certa fallosità". "Una sacca di difficoltà restano gli infortuni sul lavoro - sottolinea - con troppi arretrati, quindi prescrizioni, anche di alcuni episodi gravi: problema che si trascina, con alcune centinaia di procedimenti aperti all'anno e circa un centinaio inevaso". Ultimo giorno di lavoro a Trento per il procuratore capo Dragone sarà domani, con i saluti ufficiali al personale. Quanto alla difficoltà d'infiltrazioni di tipo mafioso, Dragone motiva anche con le dimenzioni territoriali, dunque "la difficoltà a reinvestire capitali in attività, nelle quali la concorrenza naturale farebbe da controllo, come in consorzi agricoli, alberghi o centri commerciali. Ciò non toglie - evidenzia - ci siano indagini su singoli episodi di riciclaggio, di cui allo stato non c'è prova siano di stampo mafioso". Nello specifico delle attività di prevenzione all'inquinamento ambientale da parte della Provincia autonoma, "può avere efficacia - specifica - finchè si tratta di episodi locali, non quando si tratta di criminalità da fuori, con necessità di particolari analisi e lavoro di polizia giudiziaria, magari causa certificati falsi o camion che vanno e vengono da fuori e lo stesso vale in un caso come quello delle acciaierie in Valsugana, dove la forestale è stata costretta a spendere praticamente le intere energie". Sulle indagini in materia di pubblica amministrazione "fra anonimni, denunce delle minoranze e appaltatori in pectore scontenti - osserva - i casi sono venuti fuori. In ogni caso si tratta di episodi che nel confronto con altre realtà sono certamente di minore rilevanza, ma talvolta creamno molto clamore, per le note aspettative di legalità dei trentini".