Poste, da oggi chiusi sette uffici

E altri trenta sono a rischio. Quaglierini della Uil: «Traditi dalla Provincia»


Luca Marognoli


TRENTO. Da oggi il Trentino ha sette uffici postali in meno: San Donà, Romagnano, Madrano, Pietramurata, Molina di Fiemme, Mollaro e Vigo Lomaso. Dovevano essere otto, ma Calavino è stato "salvato" in extremis: resterà aperto solo alcuni giorni in settimana, seppure in rotazione con gli sportelli di Lasino e Padergnone. Ma non è finita: su altri trenta pende la spada di Damocle della chiusura.

Flavio Quaglierini, segretario regionale Uil Poste, accusa la Provincia di non avere mantenuto gli impegni presi e avvisa: «Non si può pensare di avere l'ufficio sotto casa, quando non porta ricavi all'azienda. Bisogna fare in modo invece che li abbia, favorendo accordi per la gestione di servizi dei Comuni».

Lo stillicidio delle chiusure «fa parte di un piano nazionale dell'azienda e quindi non si scappa», spiega il sindacalista. «Ma la Provincia ha una grossa responsabilità. In aprile c'era stato il primo di razionalizzazione e il sindacato confederale aveva aperto una vertenza provinciale. Se ne era fatto portavoce, a settembre, il consigliere Lunelli con un un ordine del giorno, approvato all'unanimità, che impegnava la Provincia a creare un tavolo con il Consorzio dei Comuni e le Poste per discutere insieme su eventuali progetti di ridimensionamento.

Se fosse stato aperto, questo progetto sarebbe stato affrontato. Ma la Provincia non ha fatto assolutamente niente. Perché? Chiedetelo a Pacher e Dellai. Oppure ai consiglieri che hanno votato quel documento».

E l'assunzione diretta della competenza da parte della Provincia? Dellai ha detto che la cosa non è semplice da realizzare. «Intanto quella di Durnwalder è una bufala: Poste è una Spa e non può cedere pezzi alla Provincia di Bolzano. Quanto a Dellai, dice che è difficile avere la competenza ma sa fin dall'inizio che non si può avere. Quello di cui c'è bisogno, invece, è di condividere un business con le Poste. Ad esempio, affidandole la gestione dei servizi di tesoreria dei Comuni, stringendo un accordo con la rete telefonica Poste mobile, istituendo un servizio di rilascio certificati (o di consegna) nell'ufficio postale. Se ti siedi al tavolo con i sindaci una soluzione puoi trovarla. Nessuno l'ha mai cercata: solo a Calavino si sono mossi».

All'origine di tutto c'è stata una ingiustificata proliferazione degli sportelli. «A differenza delle Rurali - osserva il sindacalista - Poste ha aperto filiali dappertutto ai tempi della Dc e ora si pone il problema di razionalizzare. D'altra parte Molina ha a poca distanza l'ufficio di Castello, Pietramurata quello di Sarche, Calavino di Vezzano, Lasino e Padergnone, Mollaro di Taio, San Donà di Povo e Cognola, Romagnano di Ravina, Madrano di Pergine, Vigo Lomaso di Ponte Arche. Tutti si agitano sempre dopo: se volevano salvare gli sportelli di paese, dovevano muoversi prima perché le Poste sono state privatizzate da 14 anni, quando facevano 4 mila miliari di lire di deficit annuo... Noi partiamo sempre dal concetto che l'occupazione è sacra: da una vita chiediamo l'assegnazione di nuovo personale per gli sportelli, però l'azienda ha costi enormi perché la gran parte degli sportelli è mono-operatore. Tra alcuni mesi si ipotizzano  ulteriori razionalizzazioni in tutta Italia. Per il Trentino c'è un progetto di abbassare le serrande di altri 30 uffici».













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