«Perde sangue? Paghi il ticket»

Malgrado la forte emorragia secondo l’accettazione non avrebbe dovuto rivolgersi al Pronto soccorso



ROVERETO. Non è la prima segnalazione del genere che arriva in redazione, ma mai come in questo caso pare difficile, a ragionevolezza, dare torto alla roveretana che si sente vittima di un sopruso. Se di punto in bianco una persona si trova a perdere copiosamente sangue dall’ ano, tanto copiosamente da doversi avvolgere un asciugamano in vita per muoversi, si può pensare che attenda il giorno dopo per andare dal medico curante o è normale che corra (come può...) al pronto soccorso? E’ quello che ha fatto D.P. alla fine di novembre. All’accettazione - racconta - le hanno chiesto 50 euro di ticket. Visitata, le sono state praticate delle cure che avrebbero dovuto teoricamente fermare l’emorragia, ma con l’invito a tornare dopo qualche giorno se la cosa non si fosse risolta. Evento che puntualmente si è verificato: tre giorni dopo l’emorragia non si era ancora arrestata e la donna è tornata al Pronto Soccorso. Dove è stata sottoposta ad un piccolo intervento che ha risolto il problema, ma si è vista anche chiedere un secondo ticket: altri 50 euro. Altri 30 euro li ha spesi per i farmaci che le sono stati prescritti, ma questo è un altro discorso.

«Ho sentito il responsabile del reparto - racconta la signora - chiedendo il motivo del pagamento del ticket, visto che a me la mia sembrava assolutamente un’ urgenza e non certo una cosa che potevo rimandare al giorno dopo e all’attenzione del mio medico curante. Ma mi è stato risposto che il ticket non è dovuto solo in tre casi: quando c’è un trauma evidente o fratture, quando all’accesso al pronto soccorso segue un ricovero diretto in uno dei reparti dell’ospedale; quando si muore. Io non avevo botte nè fratture, non sono stata ricoverata e non sono nemmeno morta, quindi dovevo pagare».

Una tesi che l’ha convinta poco, soprattutto dopo che altri medici dello stesso ospedale si erano stupiti del fatto che le avessero fatto pagare i due ticket presentandosi con una patologia come la sua. E quindi è tornata in azienda sanitaria.

La versione, riferisce, è un po’ cambiata ma la sostanza no. «Mi hanno spiegato che è il medico che fa l’accettazione a dover valutare, a sua discrezione, se si tratti di un accesso al Pronto soccorso giustificato (e quindi niente ticket) o improprio, e quindi col ticket da pagare. Nel mio caso specifico in occasione del secondo accesso non potevo chiedere una esenzione, ma se ritenevo potevo fare domanda di rimborso e sarebbe stata valutata. Ho lasciato perdere. Ma sono rimasta molto delusa. Ritengo non sia accettabile che di fatto sia rimessa alla totale discrezionalità di un medico la necessità o meno di pagare un ticket. Credo sia discriminante e inaccettabile: in queste condizioni per i pazienti non ci sono certezze nè diritti».(l.m)

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