Omofobia, legge in aula. Ma «per finta»
Ancora muro contro muro. Passamani (Upt): «Arriverà prima la legge nazionale». Kaswalder (Patt): «È tempo buttato»
TRENTO. Torna in aula per tre giorni, da martedì, la legge contro l’omofobia, ma già si sa che non sarà approvata. Troppo stretti i tempi: 6 ore e mezza al giorno, ma la prima mattinata se ne andrà per le interrogazioni a risposta immediata, dunque alla fine le ore saranno una quindicina, insufficienti per superare il muro di emendamenti del centrodestra. Niente modifiche all’orario normale delle sedute, se non si arrivasse al voto si rinvierà di nuovo, hanno chiarito i capigruppo. Esito scontato.
È questo il non detto che, nella maggioranza provinciale, ha consentito di ricalendarizzare il provvedimento già sospeso per due volte di fronte all’ostruzionismo dell’opposizione. I mal di pancia di Upt e Patt sono noti da sempre e nessuno si sforza di negarli. Si dice che il governatore Ugo Rossi avrebbe preferito rimandare l’appuntamento in aula, ma il Pd ha insistito, pressato dai promotori della legge di iniziativa popolare, Arcigay e Arcilesbica, che tre anni fa raccolsero 7 mila firme a sostegno e che oggi chiedono al centrosinistra di rispettare l’impegno preso e approvare la legge.
«Abbiamo accettato perché non si andrà ad oltranza», chiarisce il capogruppo dell’Upt Gianpiero Passamani, «quello che ci preoccupa sono le vere priorità che la gente ci chiede di affrontare, a partire da Finanziaria e bilancio che ci impegneranno dall’autunno». Passamani è convinto che «si arriverà al prossimo anno e nel frattempo questo disegno di legge verrà superato dalla proposta Scalfarotto che è in discussione al Senato», «una legge di questo tipo ha senso se è nazionale, non se esiste solo in qualche regione». «Noi lo abbiamo detto più volte, non siamo estremisti, non vogliamo un certo tipo di iniziative nelle scuole. Ma se qualche imbarazzo da parte nostra può esserci non è tanto sulla legge in sè quanto sul fatto che le priorità sono altre».
In maggioranza, un consigliere da sempre dichiaratamente contrario al disegno di legge è Walter Kaswalder, presidente del Patt: «Cosa penso? Che è buttare via tempo. Mi adeguo, e sto lì seduto in aula. Ma su questo nel gruppo c’è libertà di coscienza, ognuno può votare come vuole». Kaswalder non vede la necessità di una legge di contrasto all’omofobia: «In Trentino - dice - non c’è mai stata nessuna discriminazione».
La discussione in aula, c’è da scommetterlo, avrà toni accesi e si incrocerà con il dibattito divampato in questi giorni in Trentino sul rischio, paventato da alcune forze politiche, che le teorie gender facciano il loro ingresso nelle scuole.
L’assessora alle pari opportunità Sara Ferrari (Pd) mercoledì ha affrontato i sindaci in Consiglio delle autonomie: «La prossima settimana torneremo in aula con il ddl omofobia e si scatenerà nuovamente la bagarre», ha detto con l’intento di chiarire che i percorsi di educazione alla relazione di genere organizzati dalla Provincia nelle scuole non hanno nulla a che vedere con l’omofobia e men che meno con le teorie del genere». Ribatte Kaswalder: «Andate a chiedere quali sono stati i commenti dei sindaci dopo il discorso dell’assessora». Superare gli stereotipi di genere? «Già negli anni ’70 ognuno faceva quello che voleva, anche il ballerino», sbotta il consigliere, «il problema è nato a forza di parlarne. Si ottiene l’effetto contrario».
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