Nuova baraccopoli all’ex Sloi: sporcizia e case di cartone

Almeno cinque edifici di fortuna nella vegetazione che circonda la fabbrica, storico riparo dei senza dimora


di Luca Pianesi


TRENTO. C’è una piccola baraccopoli nascosta nella boscaglia dell’area ex Sloi. Almeno 5 edifici di fortuna, ricavati con scatole di cartone, assi di legno e teli di plastica si scoprono avventurandosi lungo un sentiero improvvisato tra la fitta vegetazione che ricopre i campi circostanti la fabbrica. Dopo aver abbandonato il marciapiede di via Maccani, all’altezza della pompa di benzina, ed essersi spinti attraverso l’unico pertugio aperto nel muro di arbusti e sterpaglia, un passeggino rotto e due scatole piene di ciocchi di legna da ardere segnalano la presenza di esseri umani nel bosco. Percorrendo una piccola stradina battuta, probabilmente, dal continuo via vai di persone, si raggiunge il muro di cinta che contiene l’area della fabbrica. Qui fino al 1978 si produceva piombo tetraetile che serviva a far volare gli aeroplani ed era utilizzato anche per l’industria automobilistica. In un punto del muretto il cemento armato è sfondato. E’ questo l’accesso alla baraccopoli. Carrelli della spesa, altri passeggini, alcuni giocattoli per bambini, rotti per terra, e poi le casette vere e proprie. La più grande è un’insieme di assi di legno e scatole di cartone, coperta da teli di plastica e nailon. All’esterno un secchio di ferro tappato da un cuscino e annerito dal fumo utilizzato, probabilmente, come bidone per il fuoco. Le sedie e gli sgabelli, a lui tutt’intorno, rimandano a notti passate a scaldarsi davanti alle braci. I panni stesi all’aria, poi, sono il segno inequivocabile che l’area è frequentata e che c’è una presenza quotidiana di persone. Più in dentro nel bosco altre casette spuntano in mezzo agli alberi costruite sempre con materiali di scarto, pareti di cartongesso e rifiuti. Sono sparse nella macchia, appoggiate agli alberi più grossi ma risaltano agli occhi perché sono coperte da bianchi teloni di nailon. L’odore non è piacevole e la baraccopoli è deserta, non sembra esserci anima viva. Il perché lo spiega un ausiliario del Comune che mentre attraversa via Vittime delle Foibe con il suo veicolo accosta e dice: “Non ci sono. Quelli di giorno vanno in giro per la città a fare l’elemosina, a cercare qualche lavoretto. Poi la sera tornano, ripuliscono i bidoni delle case del circondario e scompaiono nella vegetazione. Sono tanti – conclude – dell’Est, ma è meglio così, che non li abbiate trovati, altrimenti eran dolori”. Solo sei mesi fa, il 15 marzo, un incendio aveva bruciato quattro abitazione delle dieci che formavano un’altra piccola baraccopoli posta sempre nella zona, un centinaio di metri più a sud. In quel caso la polizia aveva stimato che nell’area soggiornavano alcune decine di senzatetto. A metà aprile in un’operazione delle forze dell’ordine erano stati allontanati 15 rom. Il problema è annoso e non si risolve, a quanto pare, solo con gli sgomberi che negli ultimi anni sono stati molteplici. Si attende una bonifica dell’area, bollata dal ministero dell’ambiente come uno dei siti più inquinati d’Italia, e una sua conseguente messa in sicurezza.













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