Nomine, in Trentino legge provinciale con beffa
Arrivati 400 curricula, ma la giunta può integrare l’elenco quando vuole
TRENTO. La prova del fuoco di una legge è il momento dell’applicazione. Per la prima volta si sta “usando” quella relativa alle nomine nelle società provinciali, scoprendo che gli obiettivi della disciplina non sono stati proprio raggiunti del tutto. Ed è forse lecito quindi chiedersi se ha senso codificare un percorso quando poi, tra le righe, se ne consentono altri.
La legge voluta dal Pd ufficialmente per garantire la trasparenza delle nomine, ma in realtà per frenare lo strapotere presidenziale, disciplina un percorso che vorrebbe essere aperto ad una obiettività nelle scelte delle risorse migliori per guidare le società provinciali. Ed evitando così le solite polemiche sulle assegnazioni di poltrone attraverso amicizie e conoscenze anziché sul reale valore dei soggetti designati. Posto che le polemiche di questo tipo non mancheranno mai, e lo abbiamo visto persino con le nomine dirigenziali all’interno della Provincia, un indubbio merito questa legge ce l’ha e va dato atto proprio al Pd di aver perseguito tale obiettivo. Che è quello di aver permesso a tutti di conoscere quali opportunità ci possono essere per i professionisti che intendono cimentarsi in incarichi “pubblici”. La pubblicità sul sito della Provincia, la presentazione dei curriculum, la valutazione di una commissione sono da soli passaggi importanti sul fronte della trasparenza e dell’accessibilità all’incarico. Ma questo quanto riduce della discrezionalità nelle scelte? Poco o nulla. La stessa commissione sarà chiamata a valutare dati che non sempre hanno un’oggettività assoluta. Con tali criteri un manager come Bernabè non potrebbe mai diventare presidente del Mart, tanto per fare un esempio.
Quello che invece la legge ha “bucato” è il freno alla discrezionalità della giunta. L’obbligatorietà e il vincolo imposto attraverso la presentazione del curriculum viene baypassato dal comma uno dell’articolo 8 che ridà alla giunta tutta la sua discrezionalità, prevedendo che anche oltre i termini di scadenza l’amministrazione può integrare l’elenco dei candidati presentando altri curriculum. Basta che lo faccia almeno due giorni prima che la commissione valuti il pacchetto di aspiranti. Insomma, la discrezionalità è assicurata esattamente come prima e come, se vogliamo dirla tutta, è anche legittimo che sia, posto che gli incarichi nelle società sono “fiduciari”. Chi mai assegnerebbe un incarico tanto delicato a una persona che non conosce o di cui non si fida? Nessuno. Come nessuno si circonderebbe di persone incapaci. Forse allora non serviva proprio una legge per ribadire un concetto già presente nei fatti. In compenso si è appesantita la burocrazia: i Cda da rinnovare sono scaduti da due mesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA