Niente prodotti trentini in mensa: la gara per nidi e materne a Trento vinta dai veneti
La denuncia dei produttori: «Sfavoriti i prodotti locali»
TRENTO. Quello che è successo al Comune di Trento negli appalti per la fornitura triennale di prodotti alimentari alla mense delle scuole materne e asili nido deve far riflettere.Mentre i nostri produttori di latte, formaggi, mele, ortaggi si danno da fare per vendere i loro prodotti fino in Estremo Oriente o negli Stati Uniti, i bambini del comune di Trento saranno costretti per i prossimi tre anni a mangiare i prodotti alimentari provenienti da aziende veronesi e padovane, il tutto alla faccia del tanto declamato chilometri zero e del grande impegno sul fronte della salubrità che ci mettono i nostri produttori.
Sull’argomento abbiamo voluto sentire alcuni protagonisti coinvolti.Per Vanda Rosà presidente del Consorzio Val di Gresta è vergognoso che le difficoltà maggiori per vendere i propri prodotti si riscontrino proprio in Trentino, ed a Trento in particolare: «Solo il Gruppo Poli ci ha offerto una bella opportunità di collocamento anche con un corner riservato dei nostri prodotti biologici. Il Comune di Trento ha inspiegabilmente tolte dal nuovo bando pochissime parole, ma quelle che contavano ossia: chilometri zero e almeno 50% dei prodotti di provenienza locale, alla nostra protesta ci è stato risposto che l’importante è che siano prodotti biologici, possono venire anche dalla Cina».
Sergio Paoli direttore della Latte Trento mette subito il dito nella piaga: «Nei bandi sono stati inclusi dei prodotti che non sono reperibili sul mercato trentino, e di conseguenza aziende come la nostra sono state di fatto escluse dalla possibilità di partecipare al bando perché non abbiamo tutte le referenze. La nostra proposta era quella che il bando prevedesse innanzi tutto la possibilità di scegliere i prodotti trentini e di andare fuori provincia solo per quei pochi prodotti che non abbiamo. Doveva essere previsto un adeguato punteggio per tutti i prodotti a chilometri zero, anche perché in questo modo si sarebbero applicati i “criteri ambientali minimi” previsti dalla norma nazionale».
Dal canto suo Lorenzo Morelli del servizio Catering Service afferma fra l’altro come con le scelte del Comune di Trento dal primo gennaio lui lascerà a casa tre dipendenti, e smetterà di comperareTrentingrana, latte e yogurt trentini che ha fornito per 15 anni alle mense degli asili di Trento: «La cosa ci dispiace perché la nostra filosofia è quella di valorizzare i prodotti trentini che sono di alta qualità contribuendo così anche alla salvaguardia delle nostre stalle di montagna, sostenendo le nostre aziende locali, gli allevatori, perché crediamo ad un senso di appartenenza al “sistema” economico trentino, pagando le tasse in Trentino contribuiamo a creare benessere a tutti i livelli».
Ma cosa risponde il Comune di Trento per bocca del dirigente del Sevizio istruzione Walter Mazzucotelli? «Premesso che i bandi indetti erano 6 a livello europeo, e che a 4 non ha partecipato nessuno, il bando di gara tiene conto obbligatoriamente dei “criteri ambientali minimi” imposti per legge, assegnando sia un punteggio per il biologico che per i prezzi più bassi». Morelli ci tiene però a precisa come la cifra totale che il Comune andrà ad affrontare è più alta che se avesse fatto delle scelte diverse puntando prima sulla scelta di tutti i prodotti reperibili in Trentino.
Alla nostra domanda del perché non si è data la priorità ai prodotti trentini Mazzucotelli risponde: «La cosa era molto difficile perché si tratta di una gara europea, se le aziende trentine avessero fatto almeno una associazione temporanea d’impresa avrebbero potuto coprire la quasi totalità dei prodotti, trovando altrove quelli che non hanno. Noi qualcosa abbiamo fatto ad esempio per la carne era stato dato un punteggio maggiore alle carni trentine».
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