Monsignor Bressan 80 anni festeggiati tra i malati di Lourdes
Il giorno del compleanno, domenica 9 febbraio, sarà a Lourdes. Per grazia ricevuta, certo, ma non solo per essere arrivato a ottant’anni sano come un pesce. Sarà alla grotta di Massabielle, come gli...
Il giorno del compleanno, domenica 9 febbraio, sarà a Lourdes. Per grazia ricevuta, certo, ma non solo per essere arrivato a ottant’anni sano come un pesce. Sarà alla grotta di Massabielle, come gli anni precedenti, perché mons. Bressan è l’assistente ecclesiastico nazionale di Unitalsi (l’Unione Italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali). Ed è pure il rappresentante della CEI (la conferenza episcopale italiana) nella Focsiv (la Federazione degli organismi di volontariato internazionale). Insomma, da quando è diventato “emerito” (3 aprile 2016), l’arcivescovo Luigi Bressan non sa ancora che cosa voglia dire fare il pensionato. Lasciata la titolarità della diocesi, è tornato a girare il mondo come rappresentante in varie commissioni vaticane. Mons. Bressan fu destinato alla cattedra di San Vigilio che era già arcivescovo da dieci anni. Era stato ordinato vescovo proprio a Trento, il 18 giugno 1989, dal cardinale Agostino Casaroli, allora “ministro degli Esteri” del Vaticano. Era transitato per le Nunziature di Seul (Corea), Abidjan (Costa d’Avorio), Ginevra (Svizzera), Brasilia (Brasile), Strasburgo (Francia), Karachi (Pakistan) e Bangkok (Thailandia).
Anni intensi, passati fra i broccati delle ambasciate e le feluche degli ambasciatori. Una carriera diplomatica in fondo alla quale, secondo i sussurri e il costume dei Sacri palazzi, si intravedeva il rosso porpora della berretta cardinalizia. Si parlava della nunziatura di New York. Sarebbe stato, a quel punto, il terzo cardinale della valle dei Laghi, dopo i due Madruzzo. Con la prospettiva, per il figlio di un fittavolo della mensa del vescovo, di diventare Principe della Chiesa.
La nomina a Pastore di Trento gli fu comunicata nel mese di marzo del 1999, con un cablo cifrato, mentre stava per andare a dormire nel suo letto di titolare della Nunziatura Apostolica (l’ambasciata del Vaticano) a Bangkok, in Thailandia.
Poteva dire di no al Papa? Avrebbe potuto, in teoria.
Ma, dopo la non entusiasmante stagione del vicentino Giovanni Maria Sartori, il Trentino reclamava un vescovo… trentino. E, visto che il titolare di piazza Fiera è anche il metropolita della regione, che conoscesse pure il tedesco. Quell’anno la diocesi di Trento aveva ancora 597 preti. Nei sedici anni del suo governo episcopale, mons. Luigi Bressan ha accompagnato al cimitero quasi trecento preti e ne ha consacrati 31 di nuovi. Gli anni peggiori: il 2006 e il 2010 con trenta funerali ciascuno e nessuna ordinazione da destinare alle parrocchie senza prete. Oggi i sacerdoti della diocesi di San Vigilio sono 304 con un’età media di 72,3 anni. Di questi, i preti in “cura d’anime” sono un centinaio. A giugno, la diocesi avrà due nuovi presbiteri. Visti i tempi, una manna. Bressan fu ordinato prete nel 1964 assieme ad altri 21 seminaristi e non fu nemmeno la pattuglia più robusta in quegli anni Sessanta caratterizzati dal Vaticano II. Furono 21 i preti ordinati anche nel 1965; 23 nel 1966. Dopo il concilio vi fu una lunga, altalenante, discesa verso il basso.
Calavano gli operai della mèsse, crollavano gli indici di partecipazione alle mésse.
Quasi tutti battezzati alla nascita; ancora molti accompagnati nella morte, ma la pratica si è ridotta negli anni a una ristretta minoranza.
È quanto mons. Bressan ha potuto toccare con mano nel corso delle Visite pastorali che dal 2001 al 2014 lo avevano portato a “visitare il suo popolo”. Ha incontrato gruppi e singole persone, associazioni e volontari. Si è confrontato con le comunità. Assieme al suo visitatore, don Giuseppe Zadra, scomparso qualche giorno fa, ha raggiunto anche i villaggi più lontani delle valli. Quando l’arcivescovo arrivò in diocesi, la frequenza ai sacramenti era calcolata attorno al 25% della popolazione. Oggi le feste comandate e i riti della religione cattolica richiamano una striminzita partecipazione.
Il vescovo Bressan ha governato la diocesi con senso pratico condito di diplomazia.
Figlio di contadini delle Sarche, “masadori” della mensa vescovile, è stato un vescovo alla mano. Popolare fra il popolo, disponibile a ogni richiesta di incontro, non ha mai fatto la voce grossa. Ha governato l’esistente, senza strappi, cercando il dialogo con i “lontani” mentre la secolarizzazione era intenta ad aprire voragini.
Non si è fatto prendere dal “mal della malta”, anche se alcune opere resteranno a ricordare il suo “passaggio” in piazza Fiera: dalla ristrutturazione del Seminario vescovile, con annessa “casa-infermeria del Clero”; alla pulizia-restauro degli esterni della Cattedrale; dall’avvio dei lavori di ripulitura e consolidamento degli interni del Duomo per finire con l’inaugurazione del “Vigilianum”. La “casa della cultura” raggruppa archivio storico della diocesi di Trento, biblioteche del Seminario e del centro missionario diocesano oltre alla sede di quello che, sul finire degli anni Sessanta, fu il profetico centro culturale “Bernardo Clesio”.
Sono tutte strutture che l’arcivescovo Bressan ha affidato in mano ai laici, a donne soprattutto, compreso il museo diocesano; così come sono diretti da laici il settimanale “Vita Trentina”, l’ufficio stampa della diocesi e altri importanti uffici diocesani.
Non è stata solo la crisi delle vocazioni e la mancanza di preti a favorire tale svolta che, soprattutto nel sud del mondo, è usuale. Cinque lingue parlate, una quindicina di libri pubblicati, bauli di fotografie di incontri e di ricordi, mons. Bressan ha mantenuti rapporti cordiali soprattutto con il Sud-est dell’Asia dove è stato Nunzio Apostolico. Sono fili che, venuti meno gli impegni di governo episcopale, ha ripreso ad annodare con maggiore intensità.
Quattro anni fa, all’arcivescovo Lauro Tisi, il successore, ha lasciato una diocesi con nodi e problemi: clero vecchio, molti campanili, poche campane in esercizio, conventi che chiudono; matrimoni civili che sopravanzano i riti religiosi, famiglie che si sgretolano, disoccupazione elevata soprattutto fra i giovani, suicidi in aumento con indici tra i più alti d’Italia (0,82/10.000); mortalità crescente, nascite in ribasso.
È la vita di una comunità che, nel bene e nel male, riflette il mondo che le sta attorno ma che alla Chiesa cattolica pone ancora domande di senso. Ecco, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, a Lourdes, l’arcivescovo emerito Bressan dovrà dire un’orazione anche per queste comunità che si sgretolano e dove, quando non è in giro per il mondo, non disdegna di andare a fare il semplice prete. La domenica, come un cappellano di prima nomina.