«Melanomi, in montagna aumenta il rischio tumori»
Turismo e salute. L’allarme della dermatologa della Sat Bergamo: «Più casi negli ultimi anni» Ogni mille metri di altitudine i raggi UV crescono del 12 per cento. «Va fatta prevenzione nei rifugi»
Trento. Una domenica di luglio, quest’estate, al lago della Fedaia. Duemila metri di altezza, ai piedi della Marmolada. Un caldo rovente perfino a questa altitudine. La località è letteralmente presa d’assalto da chi cerca quassù un po’ di refrigerio. Sui prati e all’esterno dei rifugi sono moltissimi quelli che prendono il sole sulle sdraio, in perfetto stile Rimini, in costume da bagno.
Raccontiamo la scena alla dottoressa Antonella Bergamo, dermatologa, presidente della commissione medica della Sat, vice presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna. E lei poco ci manca che si metta le mani nei capelli: «Ecco, questo è proprio sbagliato. A quell’altezza il sole fa davvero molto male alla nostra pelle. Ogni mille metri di altitudine la quantità di raggi ultravioletti aumenta di circa il 12 per cento».
Quei “bagnanti” improvvisati sotto la Marmolada si sono dunque beccati un quantità di raggi UV pari al 25% in più rispetto a Rimini, appunto. «Ma probabilmente non lo sapevano neanche» commenta la dottoressa Bergamo, secondo cui manca una informazione adeguata. «Come Sat stiamo predisponendo una serie di strumenti comunicativi rivolti in modo specifico ai rifugi».
In altri Paesi, manco dirlo, su questi aspetti si è più avanti. In alcuni rifugi svizzeri ad esempio viene regalata a tutti gli escursionisti una confezione di crema solare 50+. Che poi è quella che consiglia anche Antonella Bergamo, per tutti i fototipi di pelle. «Non ci sono pelli meno a rischio di altre. Il melanoma ha sempre una base di predisposizione genetica. L’esposizione al sole innesca questa predisposizione. Recentemente ho trovato un inizio di melanoma in un’atleta del calibro di Monica Carlin, ultramaratoneta. La sua pelle è del fototipo 3, teoricamente meno a rischio. Eppure...» La dermatologa conferma: in questi ultimi anni si assiste a un’impennata di casi di melanoma. Un aumento legato anche alla maggiore frequentazione della montagna. «I grandi caldi delle ultime estati spingono molta più gente a cercare il fresco in montagna, anzichè al mare. Si tratta per lo più di gente di inesperta, non di “montanari” classici. Non sanno che il sole di montagna è molto più pericoloso. O se lo sanno, se ne fregano. Ho avuto casi di persone “salvate” da melanomi cutanei che poi si sono dedicate nuovamente ad abbronzatura intensiva».
Molti pensano, sbagliando, che i vestiti o la copertura delle nuvole (frequente nelle zone di montagna) li salvino dai rischi. «Nulla di più sbagliato. Possiamo coprirci bene, ma collo, orecchie o cuoio capelluto sono comunque esposti. E le nuvole lasciano passare fino al 90 per cento dei raggi UV, praticamente quasi come col cielo sereno».
Una particolare attenzione va posta ai bambini. «Il melanoma infantile è piuttosto raro. Ma questo non deve esimere i genitori dal proteggere i figli. Perchè i raggi UV sono di due tipi. Gli UVB sono quelli che provocano l’abbronzatura o le ustioni nell’immediato. I raggi UVA sono i più subdoli, perchè si accumulano nella pelle e le conseguenze si manifestano magari dopo venti o trent’anni. Proteggere bene i bambini oggi li mette al riparo da qualche brutta sorpresa quando saranno adulti».
Una categoria particolarmente a rischio è quella di chi in montagna ci lavora: agricoltori, rifugisti, tecnici degli impianti di risalita, guide alpine. Per loro è prevista qualche iniziativa di prevenzione particolare? «So che la Medicina del lavoro ha predisposto vademecum informativi specifici anche su questo». L’incidenza dei tumori della pelle in chi lavora nelle zone di montagna è stata al centro, qualche anno fa, di una ricerca condotta in Val d’Aosta dal primario di dermatologia all’Ospedale regionale di Aosta, Maurizio Norat.«Negli ultimi dieci anni – aveva spiegato Norat presentando la ricerca – il numero di casi di alcune tipologie di tumore riscontrati in Valle d’Aosta è triplicato e ci colloca molto al di sopra della media nazionale». Esattamente come sta avvenendo anche in Trentino.
Un tumore molto meno frequente è il melanoma oculare. «Non vi è certezza sul suo legame con l’esposizione solare. In ogni caso gli occhi vanno protetti molto bene: in montagna si può rischiare anche una cecità temporanea ». Di tutto questo la dottoressa Bergamo andrà a parlare a Caderzone, martedì prossimo, con la guida alpina Angelo Giovanetti. «Star bene in montagna - commenta Antonella Bergamo - significa anche e soprattutto prevenzione».