La Rurale della Val di Non dice sì alla Cassa centrale 

Affollata assemblea dei soci nella sala congressi di Taio: via libera quasi unanime (4 contrari e 2 astenuti) all’ingresso formale e operativo nel gruppo bancario


di Giacomo Eccher


TAIO. Via libera con un sì massiccio (4 contrari e 2 astenuti contro 2130 favorevoli comprese poco più di 550 deleghe) del soci della Cassa Rurale Val di Non alle modifiche statutarie necessarie per l’ingresso, formale e operativo di fatto, nel gruppo bancario Cassa Centrale Banca. Un’imposizione più che una scelta ma in ogni caso un passo in avanti su un percorso che l’evoluzione dei tempi, e la sempre più evidente globalizzazione del mercato e dell’economia, rende obbligata, o quasi.

L’assemblea, straordinaria visto l’odg e con oltre il 20% di soci presenti sui circa 10.000 aventi diritto), ha riempito in ogni più piccolo spazio la grande sala congressi della Cocea a Taio, con moltissime persone fermate nel foyer perché mancava spazio fisico nella sala dove come verbalizzante è stato attivo il notaio Domenico De Pascale. A condurre i lavori, dopo una relazione introduttiva del direttore generale Massimo Pinamonti su numeri e stato dell’arte oggi della Cassa Rurale Val di Non, è stato il presidente Silvio Mucchi che ha parlato con tratti appassionati ma fermi e senza sottacere i difficili momenti e le ragioni che hanno portato ad una decisione che, secondo alcuni degli interventi critici registrati nel dibattito finale, rischia di demolire completamente quello che è rimasto dello spirito originale di mutualità che cento e rotti anni fa aveva fatto nascere le Rurali. «Ragionamenti comprensibili ed in parte condivisibili ma che devono rapportarsi con la realtà di un mondo che cambia. Perché se una volta il raffronto era con la Cassa rurale del paese vicino o la banca della regione adesso è tra sistemi bancari come quello tedesco ed oltre», ha detto in sintesi Mucchi dopo aver illustrato con sufficiente chiarezza articolo le novità che il voto assembleare andava ad introdurre nel statuto sociale tra cui la riduzione da 11 a 9 (presidente compreso) il numero del Consiglio di amministrazione, modifica che scatterà con i rinnovi del 2021.

Tre in particolare i passaggi che hanno sollevato critiche e la necessità di approfondimento: il venir meno del rapporto “necessario” con la Federazione della Cooperazione Trentina che diventerà facoltativo e quindi lasciato alla discrezionalità del management della Cassa; la nuova figura del socio sottoscrittore (di fatto azionista) superando di fatto il concetto “un socio un voto” che è l’anima della cooperazione), e i poteri di ingerenza nel management della singola cassa Rurale da parte della Capogruppo di cui qualche socio ha lamentato l’indeterminatezza negli obiettivi (sede compresa) e di garanzie sul radicamento in terra trentina. Punti a cui come detto ha replicato Mucchi, che a proposito del rapporto con la Federazione ha garantito che non c’è nessuna intenzione, con la sua presidenza, di tagliare o allentare questo cordone ombelicale con la storia e la realtà della cooperazione trentina.

Per quanto riguarda il tema “soci sottoscrittori”, il notaio ha spiegato che si tratta di ipotesi «in caso di patologia di la da venire», quindi nell’eventualità di crisi finanziare che potrebbe anche fa scattare la temuta ingerenza della Capogruppo nella nomina e nell’attività degli amministratori: rischi che non si intravvedono nell’orizzonte della Rurale Valle di Non che oggi sfoggia una salute ottima.

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