La garante: «I problemi? Salute e risposte lente»
Menghini oggi tornerà a Spini: «Il 70% di chi è recluso è straniero e non può accedere a pene alternative. Molti lamentano carenze nell’assistenza sanitaria»
TRENTO. È prevista oggi la visita del Garante dei Detenuti nelle sezioni del carcere di Spini. «Parlerò con i detenuti» dice Antonia Menghini, che ieri non è potuta salire ai piani. La sua visita è durata ore, però, anche nella sezione femminile, che non ha preso parte alla rivolta. L’opera di ascolto e presa in carico delle istanze è partita proprio dalle detenute.
La Garante, nella giornata di ieri, ha trovato una polizia penitenziaria molto organizzata. «Tutti sono stati richiamati dalle ferie e sono tornati al lavoro per i trasferimenti, per via delle sezioni che sono attualmente inagibili». Sabri, il ragazzo tunisino di 32 anni che si è tolto la vita l’altra notte, viene descritto come ben inserito, socievole: faceva l’alberghiero. «Il collegamento con la disgrazia c’era», commenta Menghini. Il Tribunale di Sorveglianza è un capitolo fondamentale. «I detenuti lamentano un ritardo nell’avere risposta alle istanze di liberazione anticipata. Il magistrato ha già dato la propria disponibilità a fornire delle spiegazioni, per quanto riguarda la vicenda del giovane tunisino». Il ritardo attribuito al suo specifico caso riguarda un ritardo nell’avere una risposta, non nell’avere la concessione del beneficio. La Garante spiega che sono state molte le segnalazioni arrivate negli ultimi due- tre mesi, relative a questo problema. I tempi si allungano anche a causa dei molteplici trasferimenti da un carcere all’altro.
Più volte è stato detto che non basta una bella struttura per garantire dignità di vita alla popolazione carceraria. «Si contano diversi problemi comuni ad altre strutture. La situazione si aggrava anche in presenza di un dato specifico. Più del 70% dei detenuti a Trento sono stranieri, molti non sono in possesso del permesso di soggiorno e devono eseguire tutta la pena, senza possibilità di misure alternative». Chi ha una famiglia ha la possibilità di essere ospitato, ma se non c’è una casa sulla quale poter contare, la misura alternativa non è possibile. «Non per tutti, inoltre c’è la possibilità di lavorare». Si devono fare degli incontri con personale dedicato ed il personale non è sufficiente. Difficoltà si incontrano anche per quanto riguarda i colloqui telefonici. Pochi assistenti, i colloqui sono necessari per poter ambire ad una occupazione all’interno della struttura. Nel carcere resta il problema dell’affollamento, con 350 detenuti ed una capienza di 240. Il carcere è un mondo a parte, come ricordano anche i parenti dei detenuti di Spini. Su di loro e quindi anche sui loro cari che scontano una pena, gravano difficoltà di comunicazione e problemi nel rispetto, per esempio, dei tempi dedicati alle visite. La carenza di assistenza sanitaria di notte e nei fine settimana è un altro dei problemi sollevati dai detenuti in rivolta. Anche questo verrà portato all’attenzione del coordinamento per la sicurezza. La carenza in questione è quella lamentata anche dai parenti dei detenuti. «L’infermeria è nel degrado» aveva riferito sabato una giovane in visita al padre. «In cella era stato picchiato da altri detenuti ed era finito lì». Di contro, sul tema sanitario, c’è anche qualche agente che appunta come si tratti solo di una infermeria penitenziaria e non di un ambulatorio, che presupporrebbe un altro tipo di prestazioni. L’attesa è per il comitato della sicurezza del 27 dicembre, quando istituzioni e forze dell’ordine hanno preso l’impegno di tentare di risolvere le situazioni di criticità che hanno dato origine alla rivolta dei detenuti. Un impegno preso di persona da Prefetto e Questore che si erano trovati faccia a faccia con i rivoltosi.(f.q.)