L'Inps vuole i soldi della missionaria morta

Rovereto, per errore la pensione minima era troppo alta: chiesti 1.500 euro ai nipoti


Giancarlo Rudari


ROVERETO. Lei è morta nel 2006. E solo ora l'Inps si accorge di averle dato troppi soldi di pensione (era la sociale). Quindi che fa? Cerca i parenti più stretti (ai quali non ha lasciato nulla in eredità perché nullatenente), ne scova uno a Roma, e chiede di ritorno 1.500 euro. «Ma è giusto pagare per errori che ha commesso l'Inps?» si chiedono i nipoti che comunque salderanno il conto.

Una storia di ordinaria burocrazia, una storia vissuta (o che stanno vivendo) chissà da quanti altri anziani ai quali l'Inps recapita ingiunzioni di pagamento per centinaia o qualche migliaia di euro. «E' stata corrisposta la maggiorazione sociale o l'aumento sociale della pensione non spettante a causa del possesso di redditi di importo superiore ai limiti stabiliti dalla legge». Così recita il freddo linguaggio burocratico. «E così è successo a noi. Noi, i nipoti di una zia che non possedeva nulla, che ha vissuto donando tutto agli altri, che non ha lasciato né soldi né case in eredità se non il suo grande insegnamento e il suo bell'esempio» racconta una sua nipote.

La zia era una missionaria laica di Rovereto che aveva trascorso vent'anni in Amazzonia ed è morta nel 2006 alla casa di riposo all'età di 85 anni. Una persona conosciuta in città alla quale si erano rivolte centinaia di donne in gravidanza che frequentavano corsi di training autogeno in vista del parto. «No, non vogliamo mettere il suo nome per evitare che qualcuno pensi che noi vogliamo speculare sul suo nome. Eppoi la zia non avrebbe voluto: nella sua vita ha dato tutto agli altri senza nulla chiedere in cambio» racconta la nipote ancora sbigottita per la richiesta di rimborso arrivata dall'Inps.

«La lettera è stata spediata ad un mio cugino a Roma ("in qualità di soggetto chiamato all'eredità in base ai dati in nostro possesso...") che per poco non gli pigliava un colpo. In sostanza, scrive l'Inps, dall'1 gennaio 1992 al 31 dicembre 2004 sono stati pagati 1.502,93 euro in più sulla pensione affermando, in sostanza, che quella cifra non spettava a causa di redditi di importi superiori ai limiti stabiliti dalla legge. Ma quali redditi - si chiede la donna - se la zia riceveva la minima che serviva per pagare la retta alla casa di riposo e non era proprietaria di nulla?».

E a nulla sono valse le richieste di spiegazioni: «Nessuno all'Inps mi ha fornito una risposta. Così come dai sindacati non ho avuto alcun aiuto. E allora non ci resta altro che pagare "in un'unica soluzione", senza tanto discutere. Eppoi ci è data la possibilità di presentare ricorso: ma chi lo vuol fare? Tanto, hanno sempre ragione loro» dice con rabbia la donna. Dunque si paga, eccome che si paga. Così tutti i 19 nipoti (figli di fratelli) si sono accordati per un'equa spartizione della somma che a conti fatti risulta di 80 euro a testa.

«Per la zia facciamo questo ed altro, visto che lei è stata una grande donna che ha lasciato un buon ricordo in tutti e un grande esempio di altruismo - prosegue la donna - Per fortuna i soldi li abbiamo, non è tanto una questione di cifra visto che si tratta di 80 euro a testa, ma fa rabbia pensare che la burocrazia fa sempre la prepotente. A cinque anni di distanza dalla morte, l'Inps bussa alla porta di casa per chiedere soldi. Ma chi li ha fatti i conteggi prima di elargire la pensione? Noi? No, mica abbiamo truffato l'Inps. Se sono loro che per qualsiasi motivo si sono sbagliati sarebbero cavoli loro. E come minimo avrebbero dovuto accorgersi prima... A mia suocera che ha 90 anni l'Inps ha chiesto la restituzione di 3.200 euro e così a tanti altri anziani. Che vergogna: a questi anziani, quasi tutti con la minima, che rischiano di prendersi un colpo dovrebbero pagare i danni morali».













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